"Se gli effetti economici globali inaugurati dalle sanzioni alla Russia si sommeranno a rialzi continui dei tassi l'Europa rischia la catastrofe economica. Casi come il recente default del bond Blackstone dovrebbero far riflettere". Lo storico ed economista Giulio Sapelli conversando con IlGiornale.it, è netto sull'agenda economica che attende l'Unione Europea e l'Occidente nei mesi a venire.
Professore, da dove parte questo rischio di crisi strutturale?
"Viviamo una fase dove non si riesce a capire la rotta che segua l'Europa e quali scenari si sviluppino a livello globale. L'aggressione imperialista della Russia, un anno fa, ha scatenato un moto di indignazione e ha portato al varo delle sanzioni, che hanno però impattato su un contesto globale debole. In tutto il mondo abbiamo visto l'aumento delle materie prime di ogni tipo, dai metalli al grano passando per l'energia. A questo è seguito ovviamente l'aumento delle merci che si è sommato al fallimento culturale ereditato dalla pandemia..."
A cosa si riferisce?
"Per lunghi mesi abbiamo avuto alti costi della logistica e dei noli marittimi, uno spiazzamento delle catene del valore e una crisi strutturale a cui i manager da un lato hanno risposto con le logiche just-in-time che già il Covid avrebbe dovuto ricordare errate. Del resto, è tutt'altro che difficile capire che una crisi di offerta avrebbe prodotto un aumento dei prezzi! Dall'altro lato, le banche centrali hanno pensato di governare con metodi monetari una crisi d'offerta".
Dunque la stretta monetaria eccessiva è un problema?
"Sì, perché se da un lato è chiaro che non si poteva proseguire all'infinito col denaro a costo zero, dall'altro l'impuntarsi sulla necessità della stretta monetaria per risolvere una crisi d'offerta che parte dall'economia reale, raffreddando la domanda, è sul lungo periodo dannosa. Specie se questo si somma agli effetti distorsivi delle sanzioni, che oltre che economici sono politici".
L'Europa in quest'ottica sembra la più danneggiata...
"Di fronte a un'invasione russa dell'Ucraina che è stato un atto criminale e inaccettabile gli Stati Uniti hanno reagito operando una stretta in termini di sanzioni che pareva chirurgicamente mirata a tagliare i legami tra la Russia el'Europa. Anzi, le sanzioni hanno direttamente preso di mira l'asse franco-renano che guida l'Europa. Del resto proprio dallo schiaffo franco-tedesco a Washington sull'Iraq e l'invasione del Paese guidato da Saddam Hussein, vent'anni fa, inizia la diffidenza Usa verso il Vecchio Continente. Francia e Germania erano inclini a negoziare fino all'ultimo con Vladimir Putin, Berlino era addirittura restia all'invio di armi e alla rottura del nuovo Patto di Rapallo che la univa a Mosca. Quanto anticipato ieri (7 marzo, ndr.) dal New York Times circa la possibilità che una mano filo-ucraina abbia addirittura sabotato il North Stream 2 mostra come la Germania sia direttamente investita dalla guerra".
Quale futuro per Europa e Unione Europea in quest'ottica?
"A mio avviso a essere prese di mira sono le strategie di autonomia di Germania e Francia. La Germania mirava a promuovere una grande unione commerciale da Berlino a Mosca, capace di arrivare a Pechino attraverso Vladivostok. La Francia invece è maggiormente autonomista sul piano della Difesa e sull'energia spinge sul nucleare, trovandosi su questo punto in disaccordo con la Germania che prosegue il suo phasing out. In un conflitto inter-imperialista come quello tra Russia e Usa l'Europa è in difficoltà".
La posta in gioco è l'Ucraina?
"L'Ucraina in primo luogo. In secondo luogo la Germania. Scherzando si potrebbe dire che Washington vuole riproporre nel XXI secolo un nuovo Piano Morgenthau, il progetto post-seconda guerra mondiale con cui si voleva ridurre la Germania a Paese agricolo e pastorale. Il Paese finì diviso perché il vero vincitore della Seconda guerra mondiale, il conquistatore di Berlino Iosif Stalin, decise per la divisione della Germania in zone di influenza. Ora ciò che si vuole evitare è una convergenza sino-tedesca. In ottemperanza alla strategia Usa di contenimento di Pechino, su cui le oligarchie di Washington sono divise. Ad esempio, alcuni vorrebbero chiudere la strada a Pechino nell'Indo-Pacifico puntando sull'armare il Giappone".
Viviamo un'epoca complessa e caotica, insomma...
"Siamo partiti dalla crisi economica e dalla prospettiva di una sfida per sanzioni e tassi ma non dimentichiamoci che c'è il rischio della guerra nucleare non ancora sfatato.
Viviamo come camminando su un lago ghiacciato, in Europa e non solo. In passato ho parlato di relazioni internazionali a frattali, dove tutto è in frantumo e perenne divenire. Quello che domina, alla fine, è lo spirito: manca un'idea di futuro nelle classi dirigenti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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