"Spiava per Mosca": così è finito in manette l'accusatore di Joe e Hunter Biden

L'ex informatore dell'Fbi Alexander Smirnov che aveva accusato di corruzione il presidente Biden e suo figlio Hunter rivela dopo l'arresto di aver ricevuto informazioni false dagli agenti russi

"Spiava per Mosca": così è finito in manette l'accusatore di Joe e Hunter Biden
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Ombre russe si allungano sulle testimonianze fornite all’Fbi da Alexander Smirnov il quale in passato ha accusato di corruzione Hunter Biden nella conduzione dei suoi affari arrivando a coinvolgere persino suo padre, il presidente. Nel 2020 l’ex informatore dalla doppia cittadinanza americana ed israeliana aveva infatti dichiarato agli agenti del Bureau che Joe Biden e suo figlio avevano ricevuto tangenti da cinque milioni di dollari ciascuno dai dirigenti della società energetica ucraina Burisma, l'azienda nella quale Hunter aveva lavorato dal 2014 al 2019. Negli scorsi giorni tali accuse sono crollate come un castello di carte a seguito dell’arresto a Las Vegas dello stesso testimone chiave che, si apprende adesso, avrebbe fornito informazioni false provenienti da uomini appartenenti all’intelligence di Mosca.

Come affermato nei documenti presentati nelle ultime ore in tribunale dai procuratori, è stato Smirnov a rivelare agli investigatori del Bureau i contatti con i russi. Tali scambi con gli agenti di Putin sono stati definiti “estesi ed estremamente recenti”. A seguito di un incontro avvenuto con le spie a fine anno scorso Smirnov avrebbe in particolare cercato di diffondere “attivamente nuove bugie” al fine di determinare serie conseguenze sull’esito delle elezioni presidenziali del prossimo novembre.

La Cnn riporta che l'ex informatore aveva in precedenza riferito all’Fbi di aver avuto contatti con gli 007 russi, inclusi “funzionari di alto livello o responsabili di omicidi all’estero”. I procuratori incaricati da David Weiss, il procuratore speciale a capo delle indagini sul figlio del presidente, ritengono che i legami con Mosca non si siano mai interrotti. A conferma dei sospetti emersi, dopo il suo arresto l'ex testimone chiave ha ammesso che i russi erano “coinvolti nel fornirgli storie” su Hunter Biden. Si è saputo inoltre che Smirnov aveva avuto la garanzia da agenzie di intelligence della Russia di poter vivere lontano dagli Stati Uniti qualora fosse stato scoperto il suo doppio gioco grazie a fondi che ammontavano a sei milioni di dollari.

Gli inquirenti sostengono che le false informazioni e i documenti artefatti prodotti “prendevano di mira il candidato di uno dei più importanti partiti politici negli Stati Uniti” e sottolineano come gli effetti della loro divulgazione continuino ad avere pesanti conseguenze. Il riferimento, riporta l’emittente all news, è all’inchiesta di impeachment voluta dai repubblicani al Congresso proprio sulla base delle accuse di corruzione avanzate contro la famiglia del presidente.

Nonostante queste sorprendenti rivelazioni, in attesa del processo il giudice federale ha accordato il rilascio dell’ex informatore, che rischia fino a 25 anni di carcere, seppur vincolato ad un suo stretto monitoraggio tramite Gps e alla

consegna dei suoi due passaporti. E nel frattempo torna a crescere la paura che l'esito della campagna elettorale possa essere condizionato da ulteriori bugie e fake news orchestrate dal Cremlino.

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