Austria infelix sotto la crisi

Le ultime analisi sfornate dal Wifo, il più importante think tank economico austriaco, disegnano lo scenario di un paese che sta progressivamente perdendo competitività, attrattività e prospettive di crescita

Austria infelix sotto la crisi
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Invidiare di questi tempi i dati economici della Germania non è certo un segnale di buona salute. Ma è il paradosso espresso dagli analisti dei principali istituti di ricerca economica per sottolineare la gravità della crisi che sta investendo l'Austria. Le ultime analisi sfornate dal Wifo, il più importante think tank economico austriaco, disegnano lo scenario di un paese che sta progressivamente perdendo competitività, attrattività e prospettive di crescita. I dati parlano con una chiarezza impietosa. Per il terzo anno consecutivo l'economia austriaca sperimenta una contrazione un record negativo nel panorama post-bellico con stime che prefigurano un ulteriore arretramento dello 0,3-0,2% nel corso del 2025, mentre per il 2026 è prevista solo una debole crescita, per di più ora a rischio per l'impatto della guerra commerciale con gli Usa. È un dato che colloca l'Austria letteralmente in fondo alla classifica europea, superando persino la Germania in termini di difficoltà congiunturali.

Vienna dunque fanalino di coda in Europa: chi se lo sarebbe immaginato solo qualche anno fa? Eppure in nessun altro paese dell'Ue o dell'Ocse lo sviluppo è in così forte calo, ha detto il direttore del Wifo Gabriel Felbermayr. Le ragioni di questo declino sono intrecciate in una complessa trama di fattori interni ed esterni. L'industria europea attraversa certamente una fase di rallentamento, ma in Austria il problema assume connotazioni strutturali. Ad esempio, l'eccessiva indicizzazione automatica dei salari all'inflazione ha generato una spirale perversa spiegano gli economisti erodendo competitività e disincentivando gli investimenti.

Il nuovo governo del cancelliere Christian Stocker eredita un quadro economico drammatico, con il deficit di bilancio che lo scorso anno ha verosimilmente superato il 4%, violando i criteri di Maastricht e aprendo le porte a una potenziale procedura di infrazione europea. Sic transit gloria mundi: un tempo tra i cosiddetti paesi frugali, quelli rigorosi nei conti pubblici, oggi l'Austria rischia l'onta di un commissariamento da parte di Bruxelles. Gli economisti sono impietosi nelle loro analisi. Felbermayr usa parole taglienti: ammette che «stiamo diventando

più poveri» e denuncia come l'attuale benessere sia sostanzialmente artificiale, sostenuto da trasferimenti e aumenti salariali privi di reale copertura economica. Come un pig qualsiasi.

Le prospettive future non sono tranquillizzanti. Senza riforme strutturali coraggiose che dovrebbero includere l'aumento dell'età pensionabile e contratti salariali più flessibili l'Austria rischia quello che gli esperti definiscono un decennio perduto. Uno scenario in cui il reddito pro capite ristagna, gli investimenti languono, e il paese scivola sempre più ai margini del dinamismo economico europeo.

La partita del nuovo governo, costituitosi dopo turbolente trattative, è quindi tanto decisiva quanto difficile: serve un potente approccio riformatore ma la scarsa compattezza delle tre forze della maggioranza (popolari, socialisti e liberali) non offre troppe speranze.

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