"Ci porterà alla guerra". E Donald Trump incolpa Kamala Harris (anche) per i migranti

Il comizio davanti al "muro" anti-clandestini. Kennedy jr si ritira, appoggerà il "tycoon"

"Ci porterà alla guerra". E Donald Trump incolpa Kamala Harris (anche) per i migranti
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New York - Donald Trump incassa l’appoggio di Robert F. Kennedy Jr, che annuncia la «sospensione» dalla sua corsa per la Casa Bianca e l’endorsement al tycoon. Non è chiaro quanto effettivamente questo si tradurrà in termini di voti, ma sicuramente rappresenta una boccata di ossigeno per l’ex presidente, che dalla sostituzione di Joe Biden con Kamala Harris ha perso terreno nei sondaggi sia a livello nazionale che negli Stati in bilico. E soprattutto, fatica a rivedere la strategia elettorale contro la nuova avversaria.

«Harris avrebbe dovuto fare prima le cose che sostiene di voler fare ora, avrebbe potuto farle tre anni e mezzo fa», dice Trump su Fox, commentando il discorso dell’avversaria alla Convention di Chicago. Mentre su Truth, sottolinea che la candidata democratica è «tutta chiacchiere e niente azioni», e ribadisce che pur essendo parte dell’amministrazione in carica non ha realizzato nulla di ciò che ha detto di voler portare avanti. E quando lei dal palco dell’United Center lo attacca, accusandolo di flirtare con i dittatori, di mettere a repentaglio la democrazia e di tradire i valori americani, definendolo «un uomo poco serio», lui chiede provocatoriamente: «Sta parlando di me?». E infine condivide una foto della prima pagina del tabloid conservatore New York Post che raffigura Harris, Biden e Nancy Pelosi con la statuetta degli Oscar in mano e il titolo «è tutta una recita», affermando che il premio va a questi democratici per la loro finta Convention.

Intanto ieri Robert F. Kennedy Jr il figlio 70enne di Bob Kennedy e nipote di Jfk - ha prima presentato la documentazione per ritirarsi dalle schede del voto presidenziale nello stato in bilico dell’Arizona (e in Pennsylvania) poi ha tenuto una conferenza stampa a Phoenix annunciando che sospende la campagna e ritira il suo nome da dieci Stati, ma rimane sulle schede in altri.

Allo stesso tempo, tuttavia, dà il suo endorsement a Trump, forse in cambio di un posto di governo nella sua amministrazione, se dovesse vincere (tra le ipotesi quella di segretario alla salute, nonostante sia un cospirazionista «no vax»). «La democrazia Usa è poco più che uno slogan», afferma Rfk Jr criticando il partito democratico, il metodo di nomina di Harris e il fatto che la candidata non abbia ancora rilasciato un’intervista alla stampa.

Poche ore dopo, sempre in Arizona, è Trump a salire sul palco a Glendale: nei giorni scorsi parlando del sostegno del candidato indipendente, rampollo della dinastia politica più famosa d’America, lo aveva definito un «grande onore».

Un commento che rappresenta una notevole inversione di tendenza da quando, in precedenza, l’ex presidente ha accusato Kennedy di essere una spia democratica e un «liberal radicale di sinistra». I sondaggi accreditano a Kennedy solo un 4-5 per cento, ma anche la metà circa potrebbe fare la differenza in una corsa serrata, soprattutto negli Stati in bilico.

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