Estremisti domestici e violenza politica: l'Fbi lancia l'allerta in vista del voto per la Casa Bianca

Cresce la paura negli Usa per possibili atti politici violenti. La minaccia delle milizie armate contro il governo federale

Estremisti domestici e violenza politica: l'Fbi lancia l'allerta in vista del voto per la Casa Bianca
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Milizie armate a caccia di operatori della Fema, l’ente federale che negli Usa si occupa della gestione delle emergenze. Stando a quanto reso noto dal Washington Post, lo scorso fine settimana truppe della Guardia Nazionale avrebbero incrociato uomini in assetto ostile a bordo di un paio di camionette nel North Carolina devastato dal passaggio dell'uragano Helene. Tali individui avrebbero dichiarato di essere sulle tracce degli addetti alla protezione civile finiti nelle ultime settimane al centro di una campagna di disinformazione alimentata dalla propaganda del popolo Maga che li accusa di non recapitare gli aiuti ai residenti repubblicani dello Stato.

L’allerta, diramata di lì a poco, ha portato alla temporanea evacuazione del personale inviato da Washington in un paio di contee e all'arresto di un uomo. Sebbene il pericolo per gli agenti della Fema sembrerebbe nel frattempo rientrato, la notizia ha riportato in primo piano una minaccia che a pochi giorni dal 5 novembre potrebbe sconvolgere non solo il regolare funzionamento della macchina elettorale Usa ma anche il periodo di transizione successivo all’election day. Uno scenario peraltro confermato dall'allarme lanciato dall'Fbi e dal dipartimento per l'Homeland Security per atti violenti che potrebbero essere portati a termine nelle prossime settimane da estremisti domestici.

Secondo un sondaggio condotto dalla Reuters subito dopo il primo attentato al candidato repubblicano Donald Trump, quattro americani su cinque ritengono che il Paese stia scivolando inesorabilmente verso il caos. L’84% degli intervistati si dice convinto che ci saranno azioni violente dopo le elezioni, un numero superiore rispetto a quanto registrato pochi mesi prima. L’inquietudine dei cittadini Usa per il corrente clima politico è spinta dal ricordo dell’assalto dei sostenitori di Trump al Campidoglio nel gennaio 2021. A gettare ulteriore benzina sul fuoco è lo stesso miliardario che, evocando più volte brogli elettorali orditi dai suoi rivali, ha dichiarato come in caso di una sua sconfitta ci sarà un "bagno di sangue" negli Stati Uniti.

Sebbene negli States “la normalizzazione della violenza” sia un fenomeno trasversale, sono però proprio le parole dell’esponente repubblicano ad incendiare maggiormente il dibattito politico. Infatti decine, se non centinaia, di gruppi estremisti riconoscono nell’ex presidente una sorta di messia incaricato di ripulire Washington da chi, a detta loro, vorrebbe comprimere le libertà del popolo americano.

Oath Keepers, Three Percenters, Proud boys e Boogaloo bois. Queste sono solo alcune delle milizie più famose, aumentate a livello esponenziale durante la presidenza Obama, che sperano nel ritorno di Trump a Washington e potrebbero organizzare letali iniziative antigovernative. Una di queste, pianificata dalle Wolverine Watchmen Militia, prevedeva il sequestro e la probabile esecuzione della governatrice democratica del Michigan Gretchen Whitmer e fu sventata dall’Fbi nel 2020.

Come visto nel North Carolina, le minacce delle milizie armate non si rivolgono solo contro obiettivi in vista appartenenti al partito dell'asinello. Funzionari elettorali in oltre venti Stati avrebbero ricevuto pacchi sospetti mentre le accuse, prive di ogni fondamento, contro immigrati haitiani sospettati di mangiare animali domestici hanno portato ad allarmi bomba e alla chiusura di scuole in Ohio.

Il sito di Axios definisce la tensione politica nel Paese una “tempesta perfetta”. Tra i fattori che l’hanno alimentata l’estrema polarizzazione, la disinformazione senza freni e il mancato riconoscimento dei risultati elettorali.

Il rischio, spiega il presidente del Center for American Progress Patrick Gaspard, è che in caso di sconfitta di Trump si arrivi ad una mobilitazione nelle strade e all’assalto dei Campidogli in vari Stati. Una replica del 6 gennaio su scala nazionale che, nel peggiore degli scenari, potrebbe avvicinare pericolosamente gli Stati Uniti ad una devastante guerra civile.

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