La globalizzazione esiste ancora? La lettura di Caracciolo, Foa e Tremonti

Il direttore di Limes, l'ex presidente Rai, l'ex ministro dell'Economia: tre letture convergenti per capire la crisi della globalizzazione. Cosa si è detto alle Stelline di Milano al convegno "Chi decide le sorti del nostro futuro?"

La globalizzazione esiste ancora? La lettura di Caracciolo, Foa e Tremonti

Grande successo di pubblico per l'evento Chi decide le sorti del nostro futuro? organizzato da IlGiornale.it e Inside Over al Palazzo delle Stelline di Milano, con l'ex Ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, il direttore di Limes Lucio Caracciolo e l'ex presidente della Rai Marcello Foa come ospiti.

L'evento è stata l'occasione per una riflessione a tutto campo sulle sfide della globalizzazione, sulle partite aperte dalla competizione globale tra le potenze, dallo shock pandemico e della guerra in Ucraina, delle ripetute crisi economiche che hanno condizionato il nostro secolo fino ad ora. E, riflettendo sul campo occidentale, sullo stato di salute delle grandi potenze.

Tre relatori di spessore, tre voci autorevoli e diverse per storia personale e professionale, un messaggio condiviso e declinato con la sensibilità culturale di ognuno: la globalizzazione va ripensata e ne va della sopravvivenza dell'ordine internazionale e della stabilità delle democrazie. Ne è convinto Lucio Caracciolo, che ha parlato della tempesta geopolitica globale inaugurata dal conflitto in Ucraina (da lui definito come parte di una più grande "guerra russo-americana") e dalla sfida tra Washington e la Cina. Ricordando quanto la competizione globale sia il motore di tutto ciò che a cascata succede all'interno delle nazioni e plasma rapporti di forza economici, commerci e equilibri strategici.

Su un piano diverso, ma ugualmente orientata a una lettura critica del sistema della globalizzazione come è stato pensato, l'intervento di Tremonti. Il quale ha rivendicato di aver "pensato vent'anni fa, nel 2003, agli Eurobond che erano stati pensati per permettere all'Europa di investire nell'economia reale, rafforzare la solidarietà interna, sviluppare infrastrutture e difesa" e pensare "a un'Europa diversa, fuori dalle logiche di dominio del denaro proprie della globalizzazione" che ha dimenticato "il fair trade [commercio giusto, ndr] in nome delle logiche del free trade" pensando che i mercati potessero essere gli unici ordinatori del sistema. E chi è per Tremonti la testimonianza di un nuovo equilibrio in via di definizione della globalizzazione? Niente meno che Joe Biden, il quale "nel recente discorso dello Stato dell'Unione ha ripreso molti temi che sono stati posti sul terreno dopo l'elezione di Donald Trump nel 2016, come il protezionismo e il ritorno della politica industriale". Segno che, come ricordava Barack Obama, lo spartiacque del 2016 è stato "non la fine del mondo, ma la fine di un mondo", quella della globalizzazione "Flatlandia" governata dall'idea di mercati autoregolati. Tesi che autori come Caracciolo già ai tempi erano tra i pochi a contestare in Italia.

Il 2016 fu l'epicentro del triennio 2015-2018 in cui la "rivolta" populista mostrò lo scollamento tra popolo ed élite. Ai tempi Marcello Foa fu tra i pochi giornalisti e studiosi a porre sul campo il tema del "tradimento" delle illusioni della globalizzazione da parte delle élite politiche e economiche che avevano proposto un sogno di benessere diffuso non realizzatosi nei fatti. Alla conferenza ha indicato in questa fase "l'inizio della trasformazione di molti media storici, nel mondo anglosassone prima e nel resto dell'Occidente poi, da testate guardiane del sistema a media militanti. E così il Washington Post che aveva fatto esplodere il caso Pentagon Papers contro un presidente democratico, per fare solo un esempio, divenne una macchina da guerra contro l'amministrazione Trump".

L'incrocio tra media "di lotta" eletti a guardiani di un sistema che le popolazioni occidentali contestavano e strapotere dei giganti digitali ha portato a "un declino della qualità delle redazioni e delle testate che va di pari passo con il lato negativo del giornalismo online", la concentrazione di risorse e proventi: nel mercato informativo digitale, "all'80% oggi dominano Google, Amazon, Facebook". Tremonti condivide con Foa il fatto che i giganti della rete siano una minaccia se lasciati liberi di plasmare da soli i propri mercati e dunque la regolamentazione dei diritti. Il caso Twitter Files è, per l'ex presidente della Rai, "emblematico dell'osmosi venutosi a creare tra Big Tech e governo in America".

Il mondo cambia e invita a evolvere i paradigmi dominanti, pena il declino delle società, dell'effettività delle democrazie, dei fondamenti del nostro benessere sociale e economico. La globalizzazione va governata tenendo conto della nuova rivalità tra le potenze: non é più vero, si comprende dall'analisi di Caracciolo, che dove passano gli scambi commerciali non passeranno mai più gli eserciti. Non si tornerà più, ha notato Tremonti, al mondo guidato dalla lex mercatoria e la superpotenza che ha plasmato la globalizzazione, l'America, è la prima a essersene resa conto.

Ma la frattura tra elite e popoli occidentali resa palese dalla rivolta elettorale del 2015-2018 non è ancora rientrata, ricorda Foa, e se lo scollamento crescerà ulteriormente sarà difficile per le nazioni occidentali invertire la rotta usando gli strumenti democratici che ci rendono un'eccellenza globale dei diritti e delle libertà. La cui effettività va garantita anche in un mondo in tempesta.

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