Arrestato ministro di Bolsonaro. L'ex Presidente indagato per gli assalti a Brasilia

L'ex presidente Bolsonaro sarà indagato per i fatti dell'8 gennaio in Brasile. Per la procura e la Corte Suprema è il mandante morale dell'attacco dei suoi sostenitori. Arrestato l'ex ministro della Giustizia Torres

Arrestato ministro di Bolsonaro. L'ex Presidente indagato per gli assalti a Brasilia

Jair Bolsonaro è sotto indagine da parte della Corte Suprema e della procura nazionale del Brasile come ispiratore delle proteste dell'8 gennaio scorso che si sono concluse con l'invasione da parte dei suoi sostenitori dei palazzi del potere di Brasilia. L'attacco alla Piazza dei Tre Poteri è avvenuto mentre l'ex Presidente, sconfitto dal rientrante Lula nelle presidenziali di ottobre, si trovava negli Stati Uniti, a Orlando, ove si era recato per non presenziare alla cerimonia di Capodanno in cui il suo successore si è insediato.

Bolsonaro non ha sostenuto apertamente le rivolte, ma secondo il giudice della Corte Suprema del Brasile, Alexandre de Moraes, ha fomentato le proteste anti-Lula per settimane non riconoscendo il risultato del voto e alimentando un clima politico teso non disconoscendo le manifestazioni dei suoi sostenitori. Accampati per settimane fuori dalle caserme dell'esercito e pronti a invocare un colpo di Stato militare fino a poche ore prima dell'assalto alla Piazza dei Tre Poteri.

Le accuse contro Bolsonaro

Per de Moraes Bolsonaro "ha pubblicamente incitato all'esecuzione di un reato". Infatti "le dichiarazioni di Jair Bolsonaro sono state un'ulteriore occasione in cui l'ex Presidente si è messo in una posizione teoricamente criminale e offensiva nei riguardi delle istituzioni, in particolare la Corte Suprema". La vera molla che ha fatto scattare i suoi sostenitori sarebbe, secondo questa interpretazione, la reiterata ostinazione di Bolsonaro nel non permettere una transizione tranquilla. Per l'alto togato brasiliano "è importante segnalare che Bolsonaro è incorso in modo reiterato negli stessi comportamenti per i quali ora è sotto inchiesta".

La "guerra" tra Bolsonaro e la Corte Suprema è stata accelerata dalla recente presa di posizione dell'ex presidente dell'11 gennaio scorso. In un ampio intervento pubblicato sui suoi profili social, Bolsonaro ha accusato la Corte Suprema, con cui durante il suo mandato non è mai corso buon sangue, di aver forzato la vittoria di Lula assieme al Tribunale Supremo Elettorale. A intorbidire le acque anche la notizia del ritrovamento nella casa dell'ex ministro della Giustizia Anderson Torres di un documento che conterrebbe le basi per un decreto di sospensione dell'ordine costituzionale che sarebbe potuto entrare in vigore nelle ultime settimane dell'era Bolsonaro. Torres, nella giornata odierna, è stato arrestato a Brasilia dopo il suo rientro dalla Florida. Il suo successore Flavio Dino ha dichiarato che altri seguiranno.

Nel frattempo Bolsonaro è stato dimesso dall'ospedale di Orlando, in Florida, dove si trovava dalla giornata di mercoledì, poco dopo aver postato il video della discordia sui suoi profili, per un'occlusione intestinale che ha prodotto il riacutizzarsi dei dolori addominali che lo accompagnano dall'attentato subito nel 2018. E il governo e le forze dell'ordine iniziano a far chiarezza sui 1.500 arrestati dopo le proteste di domenica.

Cautela nelle indagini

599 di loro, potenzialmente accusabili di eversione e terrorismo, sono stati rilasciati o per motivi di salute o perché non ritenuti direttamente coinvolti nelle effrazioni più gravi che hanno contraddistinto la giornata dell'8 gennaio. Le autorità brasiliane non vogliono dare l'impressione di procedere a una "purga" massiccia di bolsonaristi, complice il fatto che a Lula è arrivata la solidarietà democratica del Partito Liberale, formazione del Presidente, del suo leader politico Valdemar Costa Neto e di diversi governatori sostenuti in passato dallo stesso Bolsonaro.

In quest'ottica, anche la fase di indagine sull'ex Presidente andrà gestita con cura.

Il rischio di un'ulteriore polarizzazione dell'opinione pubblica del Brasile è notevole, a maggior ragione in una fase in cui gli strumenti della democrazia hanno dimostrato di aver, tutto sommato, tenuto. Ma sicuramente, se le indagini sulle irruzioni continueranno, è difficile pensare che esse non possano coinvolgere colui che, pur non essendo alla testa della "Capitol Hill" verdeoro, è ritenuto l'ispiratore del clima politico in cui sono maturate.

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