Droni e comunicazioni fuori uso: così Hamas ha sfondato il "muro tecnologico" di Israele

Il New York Times rivela come l'attacco di Hamas in poche ore ha messo fuori uso il sistema di difesa tecnologica più sofisticato del Medio Oriente

Droni e comunicazioni fuori uso: così Hamas ha sfondato il "muro tecnologico" di Israele
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A distanza di cinque giorni dal massacro perpetrato da Hamas contro la popolazione israeliana trapelano nuovi dettagli sulla preparazione del piano di morte senza precedenti che è costato la vita ad almeno 1.200 persone. Un attacco sfuggito ai radar di uno dei sistemi di intelligence più sofisticati al mondo.

Grazie alle dichiarazioni di alcuni funzionari della sicurezza d’Israele il New York Times ha ricostruito la dinamica degli eventi che hanno accompagnato l’organizzazione dell’11 settembre dello Stato ebraico. In particolare, le fonti consultate dal quotidiano americano attribuiscono l'insolito fallimento dell'intelligence non solo alla sottovalutazione del pericolo rappresentato da Hamas, ma anche a una dimostrazione inaudita di capacità tecnologiche da parte del movimento islamista.

Nell’ultimo anno Hamas ha mantenuto un profilo relativamente basso nella Striscia di Gaza che controlla dal 2007 lasciando al Jihad Islamico palestinese il compito di sfidare le forze di Israele. Meno di una settimana prima della strage Tzachi Hanegbi, consigliere per la sicurezza nazionale di Tel Aviv, in un'intervista alla radio aveva dichiarato che l’organizzazione sunnita "si è molto ridimensionata e comprende le implicazioni di ulteriori provocazioni". Una valutazione espressa anche in un briefing degli 007 israeliani.

Il fallimento però che ha impressionato di più l’intera comunità di esperti d'intelligence riguarda la capacità di Hamas di bypassare i sistemi di sicurezza collocati al confine con la Striscia di Gaza. Un sistema di sorveglianza ad alta tecnologia costruito nell'arco di tre anni e composto da telecamere, sensori progettati per rilevare eventuali incursioni nemiche e sistemi d’attacco che sono gestiti da remoto. A questo "muro tecnologico" si aggiunge una barriera sotterranea lunga circa 60 chilometri attorno a Gaza completata nel 2021 con lo scopo di impedire agli islamisti la costruzione di gallerie.

I comandanti israeliani erano quindi convinti di aver costruito un sistema inviolabile e pertanto avevano ridotto il numero di militari al confine dirottandoli verso la Cisgiordania, un fronte che si riteneva fosse più pericoloso a causa delle violenze registrate negli ultimi mesi. Un senso di sicurezza accresciuto dalle intercettazioni telefoniche che sembravano escludere l’interesse di Hamas a combattere una nuova guerra contro Israele dopo un precedente conflitto del 2021.

Come rileva il New York Times il tallone di Achille del sistema di difesa che operava da remoto al confine con la Striscia era proprio la sua vulnerabilità ad azioni distruttive dello stesso tipo. Hamas ha fatto ricorso infatti all’utilizzo di droni per accecare le torri di comunicazione che trasmettevano i segnali da e verso i sistemi di sicurezza israeliani. Messo fuori uso l’apparato di rilevazione al confine, i soldati di servizio nelle stanze di controllo non hanno potuto accorgersi che i militanti islamisti avevano cominciato a "bucare" in oltre 30 punti la barriera di sicurezza tra Gaza ed Israele permettendo a più di 1.500 combattenti di Hamas di dilagare nel territorio dello Stato ebraico. La concentrazione dei comandanti della divisione di Tsahal stanziati a Gaza in un’unica struttura ha permesso la loro neutralizzazione in breve tempo da parte degli assalitori. I problemi di comunicazione generati dagli attacchi dei droni hanno poi impedito a Tel Aviv di riconoscere la portata degli attacchi e organizzare una risposta coordinata contro le forze di Hamas.

Sino a pochi giorni fa lo stato di avanguardia tecnologico delle forze israeliane, oltre all'apparato di difesa ai confini con i territori palestinesi, era testimoniato anche dalle operazioni di spionaggio elettronico condotte dalla celebre unità 8.200 e da Iron Dome, il sistema di difesa antimissile schierato per la prima volta nel 2011. Entrambi i gioielli della corona a protezione di Israele si sono dimostrati però inefficaci di fronte ad un nemico che ha celato le sue reali intenzioni comunicando informazioni fuorvianti e lanciando un numero di razzi tale da soverchiare le capacità di intercettazione della "cupola di ferro".

"Abbiamo vissuto in una realtà immaginaria per anni. Siamo diventati dipendenti oltremodo dalla tecnologia. Ci siamo convinti che questo avrebbe scoraggiato e spaventato Hamas e che avremmo sempre ricevuto per tempo segnali di minacce dall'intelligence. Ci sarà una riflessione difficile", ammette un militare al quotidiano Haaretz.

Yoel Guzansky, un ex rappresentante del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano dichiara al New York Times che "abbiamo speso miliardi per raccogliere intelligence sul gruppo islamista e nel giro di pochi secondi tutto è crollato come tessere del domino".

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