I nuovi Paesi colonialisti sono la Russia e la Cina

Non sarebbe male ricordarsi che i colonialisti del presente – basti guardare alle guerre in corso e all’espansione in Africa di Russia e Cina – si chiamano Putin e Xi

I nuovi Paesi colonialisti sono la Russia e la Cina
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Nelle stesse ore in cui a Kazan il dittatore russo Vladimir Putin (con Xi nella foto) riuniva attorno a sé i vertici politici del Brics allargato, nella minuscola Apia, capitale delle Samoa, Carlo III presiedeva la riunione dei 56 Paesi del Commonwealth britannico. Del primo vertice, che ha di fatto all’ordine del giorno la fondazione di un nuovo – e decisamente inquietante, in verità - ordine globale, si è parlato ampiamente in tutto il mondo. Il secondo, invece, ha fatto notizia al di fuori dell’anglosfera quasi solo per la plateale contestazione al sovrano britannico di un’attivista per i diritti degli aborigeni d’Australia e per le lamentazioni relative al retaggio del colonialismo di Londra, con annesse pretese di indennizzi ai popoli un tempo sottomessi.

Un raffronto superficiale tra i due eventi spingerebbe a contrapporre il nuovo al vecchio, il futuro al passato. È il caso invece di mettere meglio a fuoco i fatti. Prima di tutto perché il cosiddetto nuovo di cui si è trattato a Kazan porta con sé elementi di vecchiume malamente mascherato, e poi perché, anche se in Russia a differenza della democratica Australia nessuno si è potuto permettere una contestazione, ciò non significa che essa non sarebbe stata più che opportuna. Del Commonwealth, inoltre, si può evidenziare una certa polverosità, ma nessun Paese è tenuto ad aderirvi per il solo fatto di esser stato nel passato soggetto a Londra. Si tratta semmai di un sistema di valori comuni, di una visione dei rapporti tra una potenza europea e giovani Stati del «sud del mondo» che in anni recentissimi è stata in grado anche di attirare a sé Paesi estranei al defunto impero britannico, come nel caso di Mozambico e Ruanda.

Il vertice Brics allargato è stato organizzato a Kazan perché quella città è centrale nella tradizione ortodossa russa, e Putin è sempre più deciso a dare una posticcia impronta tradizionalista al suo regime imperialista: roba stantia più che vecchia, insomma, adatta a gettare fumo negli occhi a chi – anche in Occidente e in Italia - vuole illudersi che la leadership della Russia di oggi si ispiri a valori tradizionali piuttosto che a una bieca strategia di potenza basata sull’alleanza con una Chiesa corrotta.

E c’è purtroppo un’evidenza d’immoralità, o quantomeno di cinismo politico spinto all’estremo, nella scelta di diverse medie potenze mondiali emergenti di avvicinarsi ai Brics passando sopra al fatto che i suoi due Paesi guida (Cina e Russia) sono complici in guerre d’aggressione che calpestano il diritto internazionale. Prevale la volontà di agganciarsi a una potenziale nuova leadership globale a trazione autocratica alternativa a quella attuale incentrata sull’Occidente.

Nel suo discorso Carlo, che d’accordo col premier laburista Keir Starmer ha fatto generica ammenda per le colpe del colonialismo passato, si è rifiutato giustamente di impegnare il proprio Paese ad assurdi indennizzi.

Apprezzabile però l’offerta di continuare a mettere a disposizione degli ex colonizzati l’esempio e le istituzioni attuali di una grande democrazia come quella britannica. Nel mentre non sarebbe male ricordarsi che i colonialisti del presente – basti guardare alle guerre in corso e all’espansione in Africa di Russia e Cina – si chiamano Putin e Xi.

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