"Un incubo animale": la guerra ad Avdiivka vista dai prigionieri di guerra russi

Il Wall Street Journal raccoglie le testimonianze dei prigionieri di guerra russi: soldati usati come carne da cannone, morale a terra e addestramento insufficiente. E anche sul fronte ucraino aumentano le difficoltà

"Un incubo animale": la guerra ad Avdiivka vista dai prigionieri di guerra russi
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Se c’è un luogo sul fronte del conflitto scatenato dalla Russia contro l’Ucraina in cui lo stallo nei combattimenti tra i due schieramenti emerge con più evidenza quello è Avdiivka. Nelle ultime settimane si è letto molto delle difficoltà riscontrate dall’esercito di Kiev e della controffensiva lanciata ad inizio estate che non è riuscita a guadagnare terreno come auspicato dal presidente Volodymyr Zelensky e dal comandante delle forze armate Valery Zaluzhny. Ora però cominciano ad emergere testimonianze dirette dei militari di Mosca fatti prigionieri dagli ucraini proprio nella località di Avdiivka che descrivono una situazione angosciante anche tra i loro ranghi.

“Un incubo animale è la definizione della guerra fornita ai giornalisti del Wall Street Journal da Sergei, un ex operaio di Perm che ha deciso di arruolarsi per motivi economici. Il suo stipendio in fabbrica era di 30mila rubli al mese (340 dollari) contro i 100mila offerti dall’esercito russo. Considerando lo scarso addestramento ricevuto – durante il training aveva raccolto rami, sparato qualche colpo e completato un training di primo soccorso principalmente teorico - si aspetta di guidare camion nelle retrovie e non di finire in prima linea ad Avdiivka. Anche dopo essere stato ferito, viene rispedito al fronte.“Mi sentivo sollevato. Non voglio vedere più questo incubo”, ha pensato Sergei al momento della cattura da parte dei militari ucraini.

Il morale tra le truppe di Vladimir Putin è al minimo come conferma Andrei. Alle spalle un lavoro da impiegato in banca, si arruola per onorare una tradizione di famiglia pensando che soffrendo di una patologia cardiaca sarebbe finito tra i riservisti. Il fronte però lo attende. Rimane ferito quando il suo veicolo corazzato esplode su una mina. Muore metà della sua squadra. Per lui solo tre settimane di convalescenza e poi di nuovo in battaglia. Qui "si perde" e viene catturato dalle forze avversarie. La resa volontaria è un crimine in Russia e, come si sente spesso nei racconti dei prigionieri di guerra, molti militari di Mosca dichiarano di essersi ritrovati “per errore” nei territori controllati dagli ucraini. È così anche per Andrei che parla di un conflitto tra fratellie di perdite “ingiustificabili” per entrambi gli schieramenti.

I soldati russi vengono usati come carne da cannone ed inviati a ritmo serrato e senza tregua ad Avdiivka. Prendere la città significherebbe permettere all’esercito di Putin di avanzare nel Donetsk fornendo una vittoria dal valore simbolico in quella che è diventata una guerra di attrito e di trincee. “Siamo motivati ma esausti” afferma il soldato ucraino Oleksandr Siergeichikov. Arrivano come zombie racconta ai giornalisti il suo compagno d’armi Bohdan Lysenko secondo cui “non abbiamo alcuna possibilità di vincere un conflitto di sfinimento contro i russi. Abbiamo bisogno di un cambiamento nel nostro esercito”.

Una valutazione condivisa da un alto funzionario della Nato il quale dichiara all’Ansa che, pur giudicando “straordinari” i risultati raggiunti dagli ucraini, è "improbabile" che riusciranno a cacciare i russi da tutti i territori occupati. Se qualcosa non cambierà nella strategia, aggiunge, "ciò che abbiamo visto a Bakhmut o ad Avdiivka diventerà la norma".

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