Kamala Harris, per ora, ha superato nei sondaggi il rivale, Donald Trump, al massimo con un 2% di preferenze. Joe Biden, quando lo aveva battuto di misura entrando alla Casa Bianca, era in vantaggio di 7 punti e Hillary Clinton, convinta di farcela contava sul 5% ma è stata sconfitta da Trump. Se Harris non arriverà almeno a 6 punti di distacco può scordarsi lo studio ovale, nonostante tutti gli appoggi possibili di «nani, ballerine» e generali. Il motivo è semplice: la percentuale di voto popolare non corrisponde a quello elettorale, che ti fa vincere e una percentuale risicata in più nei sondaggi non basterà alla vicepresidente in carica. Non solo: la corsa si deciderà sulla conquista o meno di tre stati, Pennsylvania, Michigan e Wisconsin.
Nel dibattito in tv Harris può avere pure vinto, ai punti, ma difficilmente sposterà di tanto la lotta serrata fra i due contendenti. I sondaggi, che stanno uscendo, indicano che negli Stati in bilico è sempre testa a testa. La partita più importante si gioca sulla costa orientale, con il voto della working class fatta a pezzi dalla globalizzazione. Gente che va a dormire presto e al massimo può aver seguito la prima parte del dibattito quando Trump era vincente parlando di economia. A questi elettori, che saranno l'ago della bilancia, non importa nulla o poco delle guerre oltreoceano, in Ucraina o in Medio Oriente. E ancora meno dei diritti multicolori, totem da sempre della candidata democratica e liberal. Piuttosto sono preoccupati, come molti americani, dell'immigrazione illegale che poi la fa da padrona con violenze e minacce come le gang venezuelane in Colorado.
Sul tema «clandestini» non è un caso che Kamala, talebana dell'accoglienza, si stia trumpizzando a tal punto da sollevare le perplessità del suo alleato più a sinistra Bernie Sanders. Anche sulla politica energetica sembra avere cambiato idea concedendo molto meno alle smanie ambientaliste e di più al fracking, la tecnica di estrazione di gas e petrolio, considerata da Harris una bestia nera prima della discesa in campo. Probabilmente è solo tattica elettorale, ma la verità evidenziata dal dibattito tivù è che la candidata alla Casa Bianca rimane ancora molto lacunosa sui contenuti concreti e piena di frasi fatte.
L'innamoramento per i Vip che la sostengono da De Niro, Clooney e ultima arrivata, Taylow Swift, è un'arma a doppio taglio. A parte che Trump schiera Elon Musk, Mike Tyson, Kanye West e Kid Rock, gli appoggi «eccellenti» non sono sempre l'asso nella manica. Al contrario, Kamala, come Hillary Clinton rischia di cadere nell'errore di presunzione che le masse seguono con i paraocchi le stars. E pure le falangi di generali in pensione, come era accaduto con la moglie di Clinton, che inneggiano ad Harris comandante in capo, potrebbero provocare un effetto boomerang o più semplicemente essere irrilevanti.
Nella cinquantina di giorni per arrivare al voto può ancora succedere di tutto, ma di solito gli elettori che faranno la differenza
decidono negli ultimi dieci. E vendere la pelle dell'orso Trump, prima di averlo fatto fuori, è lo stesso errore compiuto dai media negli Usa e a casa nostra quando il discusso Donald è diventato la prima volta presidente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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