
Una nuova fase delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza è alle porte e potrebbe essere ancora più violenta delle precedenti. I segnali non mancano: domenica l’emittente qatariota Al Jazeera ha riportato infatti di raid dello Stato ebraico nell’enclave palestinese, in particolare a Khan Younis e a Rafah, che hanno provocato la morte nell'arco di 24 ore di almeno 46 persone. Dal 18 marzo, giorno della rottura del cessate il fuoco scattato a gennaio scorso, si sono registrate oltre 1300 vittime e circa 3200 feriti.
La conferma dei progetti di intensificazione dei blitz di Tel Aviv era già arrivata dal nuovo capo di stato maggiore d'Israele, il tenente generale Eyal Zamir, il quale a inizio marzo ha dichiarato che il 2025 sarà “un anno di guerra” nonostante le speranze suscitate dall’accordo che per due mesi ha sospeso le ostilità nella Striscia. Un concetto rafforzato pochi giorni fa quando il cinquantanovenne ex comandante di carri armati ha affermato che le truppe dell’Idf “stanno intensificando l’operazione e continueranno ad un ritmo deliberato e determinato”.
Il Wall Street Journal ha ricostruito in queste ore il profilo di Zamir sottolineando che l’attuale capo di stato maggiore ha trascorso quasi tutta la sua vita nell’esercito - a 14 anni ha lasciato la sua casa per unirsi ad un collegio militare – ed è cresciuto ammirando i comandanti dei tank che hanno respinto le truppe siriane ed egiziane nel conflitto arabo-israeliano del 1973.
Durante la seconda intifada dei primi anni Duemila, Zamir ha guidato una brigata composta da una novantina di carri armati in un’operazione di assedio della città di Jenin in Cisgiordania. Nel 2012 è diventato il segretario militare del primo ministro (quest’ultimo anche all’epoca era Benjamin Netanyahu): secondo persone citate dal quotidiano Usa, i due avrebbero sviluppato un solido rapporto professionale ma non personale.
Più volte Zamir ha visto sfumare la nomina a capo di stato maggiore, in precedenza assegnata a militari di unità d'élite, e non è un caso che sia uno dei più accesi critici del culto delle forze speciali israeliane. Quando pochi anni fa ha lasciato l’esercito, l’ex comandante di carri armati, ha pronunciato un discorso di commiato in cui ha individuato due punti deboli dell’Idf: l’eccessiva dipendenza dalla tecnologia e la mancanza di soldati per combattere una guerra prolungata su più fronti.
Zamir, che la scorsa settimana ha incontrato anche il generale Michael Kurilla, comandante del Centcom, si prepara adesso a lanciare un’offensiva di terra nella Striscia “della durata di mesi”. L’operazione, sostenuta dal governo Netanyahu, dovrebbe prevedere lo schieramento di decine di migliaia di militari allo scopo di liberare gli ostaggi ancora in mano ad Hamas, eliminare l’organizzazione islamista “prima che vanga decisa una soluzione politica per Gaza” e controllare la distribuzione degli aiuti umanitari nell’enclave palestinese.
Ehud Yaari del Washington Institute for Near East Policy sostiene che il nuovo capo di stato maggiore ”proviene da una cultura militare diversa” rispetto ai suoi predecessori che è incentrata su “un dispiegamento massiccio”. Più in generale, per il Wall Street Journal la figura di Zamir riassume il dibattito globale su come le guerre vengono combattute e vinte ai nostri giorni. Una riflessione che ci porta su un altro fronte caldo nell’Europa orientale. Nello scontro tra Russia e Ucraina, le nuove tecnologie hanno sin qui aiutato Kiev a “neutralizzare la potenza militare della Russia” ma gli ucraini hanno perso battaglie importati perché Mosca ha fatto ricorso allo schieramento di migliaia di soldati dimostrando che “gli stivali sul terreno sono ancora necessari per conquistare e mantenere il territorio”.
Ad ogni modo, resta da vedere come Zamir possa davvero applicare la lezione ucraina nella Striscia di Gaza e quali risultati possa ottenere nella lotta totale contro un’organizzazione come Hamas.
Il rischio della scommessa del capo dell’Idf è ben riassunto da Israel Ziv, generale in pensione dello Stato ebraico, che afferma che “tornare in guerra per il gusto di combattere o semplicemente per schiacciare” l’organizzazione islamista “è un errore strategico molto grande”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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