"Mi sento donna". Così la sinistra messicana aggira le quote rosa

Le pretese della galassia arcobaleno si rivelano per le donne un boomerang: gli uomini rubano i posti riservati alle colleghe con l'autodeterminazione di genere

"Mi sento donna". Così la sinistra messicana aggira le quote rosa
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Può sembrare una boutade, ma è tutto vero. Ha dell’incredibile quanto avvenuto in Messico, per la precisione a San Luis de Potosì, dove sono previste le elezioni municipali: due partiti di sinistra – il Partito ecologista verde del Messico e il Partito della rivoluzione democratica – hanno sfruttato l’autodeterminazione di genere per abbattere le quote rosa. In altri termini, puntando sulle assurde pretese della comunità Lgbt, sono stati candidati uomini nei posti riservati alle colleghe. “Mi sento donna”, tanto basta per poter giustificare la mossa.

Ovviamente ci troviamo di fronte alla fiera dell’assurdo. I candidati in questione non sono trans e non sono nemmeno effeminati: nelle foto presentate per la candidatura, si mostrano come maschi, senza nemmeno provare a nascondere l’inganno. Ma non è tutto: uno dei candidati – Saulo Morales Guerrero, in corsa ad Ahualulco – prima si era registrato come candidato maschio, ma per poter entrare nelle liste ha improvvisamente ricordato di sentirsi una donna.

Non è chiaro se i due partiti di sinistra abbiano sfruttato l’autodeterminazione di genere perché privi di donne da candidare – tutti i movimenti politici devono nominare almeno cinque donne per partecipare alle elezione – oppure per altri interessi. Ciò che è certo è che si tratta di una presa in giro alla luce del sole, come evidenziato dal blog femminista Reddux: l’assurdo iper-progressismo come mezzo per beffare la legge sulla parità di genere (“Paridad en las candidaturas”, ndr) che prevede che il 50 per cento di tutte le posizioni elettive debbano essere ricoperte da donne. Dettaglio curioso: questa norma è stata voluta fortemente e introdotta dalla sinistra, che oggi si trova costretta a fare passare un uomo per donna.

Anziché chiedere scusa e riconoscere il tentativo di aggirare le regole, i due partiti tirano dritto.

Uno degli esponenti del Partito della rivoluzione democratica ha elogiato“l’opportunità storica per costruire l’uguaglianza e l’inclusione in cui tutti i gruppi sociali come le donne, le popolazioni indigene e la comunità Lgbtq+ possono avere garanzia di partecipazione e fare sentire la propria voce in ogni spazio”. Risultato? Il Consejo Estatal Electoral y de Participación Ciudadana (CEEPAC), l’istituzione incaricata di organizzare i processi elettorali a San Luis Potosí, ha rifiutato di pronunciarsi contro i candidati.

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