La mossa di Bibi e il silenzio di Khamenei. Ma guai a sottovalutare l'odio anti-Israele

La mossa di Bibi e il silenzio di Khamenei. Ma guai a sottovalutare l'odio anti-Israele
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Chissà se l'attacco israeliano in Iran sulle sue strutture militari suonerà finalmente come una squillo liberatorio, segnalando che il regime di Teheran non è intoccabile, che la sua terribile continua violazione dei diritti umani e la sua aggressione in combutta con la Russia al mondo democratico può essere affrontata, fermata, che non è eterna. Oppure se la paura obnubilerà il significato dell'attacco di ieri notte alle 2 circa, e di nuovo spingerà alla caccia del solito cessate il fuoco. Per ora Biden e anche i tedeschi e gli inglesi hanno detto con inusitato coraggio: Israele ha ragione, guai all'Iran se osa rispondere. Gli Stati Uniti hanno anche aggiunto che se Teheran oserà farsi avanti, dietro a Israele ci sono gli USA con le armi. Intanto hanno portato il terzo Thaad, un fantastico sistema di difesa anti missili balistici. Dall'Iran i segnali sono svariati: da una parte si minimizza il danno, si nega persino l'ingresso degli F15, si dice che sono sciocchezze; dall'altra si minaccia, come al solito, l'entità sionista di immediate risposte definitive.Al momento non si sentono le voci determinanti, Khamenay e i grandi generali non si sentono, mentre è uscito un editto di polizia per cui chi diffonde immagini legate all'attaco

sarà condannato da uno a dieci anni e le Guardie della Rivoluzione sorvegliano le strade. Intanto si vocifera che gli americani abbiano ricevuto un messaggio in parsi: per ora non si intende reagire. Ma guai a sottovalutare la furia, la vergogna, l'esaltazione religiosa carica d'odio. Israele non ha cambiato gli ordini del fronte interno, aspetta tranquilla: l'attacco all'Iran era una risposta indispensabile dopo i 200 missili del 23 aprile e gli altri 200 del primo di ottobre, ma soprattutto dopo il sostegno sfacciato al bestiale attacco di Hamas del 7 di ottobre, la poderosa costruzione di hezbollah in funzione dello strangolamento dello Stato ebraico e degli altri proxy tutti devoti a questo scopo. Israele ha colpito 20 siti su un'area molto larga, penetrando l'Iran per 700 chilometri. Ha distrutto gli S300 russi accecando i radar come quelli Shanachir e altre strutture di controllo dello spazio aereo, ha colpito basi missilistiche come Kermanshah creando buone condizioni di volo anche per un eventuale futuro prossimo, ha distrutto le fabbriche e i depositi di quei droni che danno tanta noia anche agli americani (certo c'è stato un accordo su questo) perché li usa la Russia contro l'Ucraina.. e di più capiremo nei prossimi giorni. Per ora è un bel risultato aver portato su Teheran 100 aerei di combattimento di cui quattro, segnando un nuovo record, condotti da donne. L'azione intrapresa è un forte

deterrente: al nord in Gaza e nel sud del Libano è in atto la stessa tecnica di distruzione delle strutture belliche, e Hamas e Hezbollah ne prendono nota. I due migliori sostegni del regime ne risultano ancora più indeboliti, e questo, spera Gerusalemme, potrebbe aiutare la trattativa sui rapiti che si riapre a Doha. Ma rispetto al disegno dell'Iran che tortura Israele da 45 anni con la strategia incentrata sulla costruzione dell'atomica e sulla catena di attacco ai confini, in Israele parte dell'opinione pubblica considera debole la risposta, troppo condizionata dalla vigilia delle elezioni americane. Una vittoria della Harris potrebbe garantire a Israele aiuto solo se starà ai suoi patti pacifisti.

Per ora le richieste di Biden sono state rispettate: strutture militari e stop. Ma le riserve energetiche, ricchezza del regime, e quelle atomiche, a un centimetro dal completamento della costruzione della bomba sono le vere minacce a Israele e al mondo. Il seguito alla prossima puntata.

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