
A Damasco lo spettro delle armi chimiche torna a fare paura. Infatti, come riporta oggi il New York Times, oltre 100 siti sospetti legati ad armamenti di tale tipo sarebbero ancora presenti in Siria. Le stime sono state fornite dall’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) e fanno riaffiorare una delle più inquietanti eredità del regime di Bashar al-Assad, il dittatore rovesciato a dicembre dai miliziani ex qaedisti di Hayat Tahir al-Sham.
Secondo l’Opac, le strutture individuate sarebbero state utilizzate per lo sviluppo e la ricerca di agenti chimici durante gli anni della dittatura. Il quotidiano Usa sottolinea che resta da chiarire il numero effettivo di siti e se essi siano sicuri e la questione rappresenta già un test importante per il presidente siriano ad interim Ahmad al Sharaa che a fine marzo ha annunciato la formazione di un governo provvisorio. Negli scorsi giorni Al Jazeera ha riportato che l’amministrazione americana avrebbe trasmesso alle autorità di Damasco una serie di condizioni, tra le quali proprio la distruzione dei depositi di armi chimiche, in cambio di una parziale revoca delle sanzioni Usa attualmente in vigore.
Alcuni degli oltre 100 siti potrebbero essere nascosti in caverne o in aree difficili da individuare. Una circostanza che aumenta le possibilità che essi non siano messi in sicurezza e che possano essere requisiti da gruppi di miliziani o da terroristi. A marzo si è riaccesa la tensione nel Paese mediorientale con violenti scontri tra le forze governative e combattenti pro-Assad che hanno provocato la morte di centinaia di persone.
Le scorte non dichiarate includerebbero gas sarin, cloro e gas mostarda, già impiegati in diverse occasioni nel corso della sanguinosa guerra civile siriana. Nei primi anni del conflitto, dopo un attacco nella periferia di Damasco, il regime alawita accettò di disfarsi di tale arsenale confermando l’esistenza di 27 siti (un numero di gran lunga inferiore alle stime attuali) e permettendo agli ispettori dell’Opac di visitarli e di chiuderli. Assad avrebbe però continuato a fare ricorso alle armi chimiche “almeno sino al 2018” senza interrompere l’importazione di agenti chimici precursori necessari per la costruzione delle armi di distruzioni di massa.
La stima dell'Opac si basa su analisi di ricercatori esterni, gruppi non profit e informazioni condivise dai suoi Paesi membri. Trovare e controllare i siti non è importante solo per garantire la sicurezza nell'area ma anche per raccogliere prove delle atrocità compiute dal deposto regime. Impianti sospetti in Siria sarebbero stati colpiti l’anno scorso in più occasioni da Israele e non è chiaro se i raid abbiano davvero raggiunto il loro scopo. Per diversi addetti ai lavori gli attacchi potrebbero aver creato contaminazione ambientale e distrutto prove. Le autorità siriane si sono nel frattempo impegnate ad eliminare “ogni residuo del programma di armi chimiche sviluppato dal regime di Assad” e a rispettare il diritto internazionale. Inoltre, i nuovi signori di Damasco hanno autorizzato una squadra dell’Opac ad entrare nel Paese per documentare i depositi in cui sarebbero stoccati gli armamenti.
Anche questo dossier chiama in causa la Russia, la quale per decenni ha supportato la dinastia alawita. Nel 2013, in un raro momento di cooperazione internazionale, Mosca ha elaborato con gli Usa un piano che ha portato alla distruzione delle scorte di armi chimiche riconosciute ufficialmente dal "macellaio di Damasco" ma ha in seguito ostacolato la ricerca della verità sugli attacchi condotti dal suo alleato contro la popolazione della Siria.
L'alleanza militare che ha legato Putin ad Assad sino al 2024 solleva a questo punto il dubbio che la Federazione possa essere a conoscenza di molti segreti dell'ex dittatore e, in particolare, delle reali dimensioni dell'arsenale siriano della morte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.