La Russia evacua dalla Siria: le armi trasportate alle "porte" dell'Italia

Secondo il Wall Street Journal Mosca sta ritirando sistemi di difesa e altre armi avanzate dalle sue basi in Siria e le sta trasferendo nella Cirenaica controllata dal generale Haftar

La Russia evacua dalla Siria: le armi trasportate alle "porte" dell'Italia
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Grandi manovre in corso nelle basi russe in Siria. Immagini satellitari scattate nei giorni successivi alla caduta del regime di Bashar al-Assad sembrano mostrare attività compatibili con i preparativi di una possibile evacuazione di Mosca dal Paese mediorientale. Un’ipotesi che appena un mese fa sarebbe apparsa del tutto incredibile ma che col passare delle ore diventa sempre più consistente. E il Wall Street Journal riporta adesso che il Cremlino starebbe trasferendo in Libia, l'altro avamposto della Russia nel Mediterraneo, una parte dei suoi armamenti presenti nella base aerea di Khmeimim a Latakia e in quella navale di Tartus.

Il quotidiano americano ha consultato funzionari americani e libici che confermano come alcuni sistemi avanzati di difesa aerea, inclusi i radar per gli intercettori S-400 e S-300, e altre armi sofisticate sono state trasportate da aerei cargo russi nella Libia orientale controllata da Khalifa Haftar, il generale sostenuto da Mosca. La Federazione avrebbe trasferito nella Cirenaica anche soldati e velivoli.

Quanto rivelato dal Wall Street Journal sembra evidenziare la volontà del Cremlino di concentrarsi sul fronte libico e, soprattutto, su quella che lo zar considera l’unica vera priorità: la guerra in Ucraina. Innegabile è però il fatto che la presa di Damasco da parte dei miliziani filoturchi abbia inflitto un duro colpo alla capacità russa di proiettare potere e influenza non solo in Medio Oriente ma anche in Africa. La Siria dell'alleato Assad era infatti usata da Mosca come hub per far arrivare nel continente africano truppe, armi e i mercenari della Wagner.

Che la fuga del ditttatore potesse mettere in discussione la presenza della Russia in Siria non era comunque del tutto imprevedibile. Subito dopo la vittoria degli uomini di Mohammed al-Jolani e mentre il vice ministro degli esteri russo Mikhail Bogdanov confermava di essere in contatto con i miliziani islamisti per discutere il futuro delle basi nel Paese già trapelavano le prime indiscrezioni su un possibile abbandono della Siria da parte della Federazione.

Segnali di preparativi in tal senso sono stati indicati dall’Institute for the Study of War, il quale ha riportato che Mosca si sta organizzando per una riduzione o per un completo ritiro delle forze russe. Le immagini satellitari, sostengono gli esperti del centro studi, mostrano un significativo traffico aereo e spostamenti di importanti quantità di equipaggiamenti militari sia a Khmeimim che a Tartus. Ad ogni modo gli analisti precisano che potrebbe trattarsi di misure precauzionali approvate dallo zar in parallelo alle trattative con le nuove autorità di Damasco. Una sorta di piano B da far scattare all'occorrenza per scongiurare una ritirata drammatica in stile Saigon.

Spostandosi in Libia il presidente russo Vladimir Putin potrebbe approfondire la discussione, avviata già l’anno scorso, sui diritti d’attracco a lungo termine nei porti di Bengasi e Tobruk. In particolare Mosca starebbe pensando di potenziare le strutture in quest'ultimo scalo in modo da poter ospitare le sue navi da guerra. In cambio il generale Haftar otterrebbe protezione dalle milizie sostenute da Ankara nella Libia occidentale.

Non è comunque chiaro se le armi che la Russia sta trasferendo saranno effettivamente dispiegate in Libia oppure se saranno poi riportate nella Federazione.

In caso di conferma dell'opzione libica, le mosse del Cremlino sono destinate a scontrarsi con le posizioni di Stati Uniti e di altri Paesi occidentali. Washington ha infatti più volte chiesto ad Haftar, senza successo, di espellere i russi. Una richiesta che è stata trasmessa di persona dal direttore della Cia William Burns all’uomo forte della Cirenaica.

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