Emergono nuovi dettagli sulla collaborazione in Afghanistan tra russi e talebani volta a danneggiare l’operazione americana nel Paese conclusasi con un disastroso ritiro nell’agosto del 2021. A distanza di cinque anni dalle rivelazioni pubblicate dal New York Times, un’inchiesta condotta da Der Spiegel e The Insider conferma che Mosca avrebbe pagato i miliziani islamici per colpire le truppe Usa. Un'alleanza di convenienza che avrebbe inflitto gravi perdite all’esercito degli States e dei suoi partner.
Ad inviare il denaro ai talebani sarebbe stata la divisione dell’intelligence militare della Federazione (Gru) sotto la supervisione del generale Ivan Kasyanenko, vice comandante dell’Unità 29155 protagonista di varie operazioni di sabotaggio in Europa e dell’avvelenamento dell’ex spia russa Sergei Skripal nel Regno Unito. In particolare gli 007 di Mosca avrebbero offerto una taglia da 200mila dollari per l’uccisione di ogni soldato americano o della coalizione. Una cifra inferiore sarebbe stata riservata in caso di attacchi contro militari dell’esercito nazionale afghano.
I tentativi da parte del Cremlino di sabotare gli sforzi di Washington nel Paese "tomba degli imperi" sarebbero comunque cominciati sin dall'inizio della missione statunitense in Afghanistan nel 2001 quando Mosca chiese supporto anche all’Iran. Il Gru, che avrebbe versato in tutto agli islamisti almeno 30 milioni di dollari, ha agito allo scopo di far salire la pressione tra i Paesi occidentali per determinare un’accelerazione del ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Il piano dell’intelligence russa sarebbe stato avviato nel 2015 e rafforzato dopo l’elezione di Donald Trump. Gli attacchi sarebbero cessati solo a inizio 2020 parallelamente alla firma dell’accordo tra i combattenti islamisti e lo stesso tycoon che ha aperto la strada alla fine dell’operazione Usa.
L’allora inquilino della Casa Bianca non ha mai sollevato la questione con il presidente russo Vladimir Putin. Il suo successore Joe Biden ne ha invece discusso con lo zar nel corso di una telefonata all’inizio del suo mandato senza però adottare misure ritorsive. Qualche mese dopo, in maniera inattesa, l’amministrazione democratica ha fatto sapere di non ritenere particolarmente attendibili le notizie pubblicate dal New York Times, oggi riprese da Der Spiegel e The Insider.
Sei ex ufficiali della Cia citati dagli autori della nuova inchiesta hanno dichiarato che le informazioni emerse “integrano e amplificano” la valutazione fatta dall’intelligence Usa negli ultimi quatto anni che sarebbe stata “spesso minata o nascosta da programmi politicizzati". I funzionari aggiungono poi che ci sono stati molti casi in cui “ci è stato detto di non fare nulla per paura di un’escalation. Questo è uno di quei casi”.
Nell’inchiesta giornalistica si legge che, a seguito del ritiro degli Stati Uniti, a diversi agenti coinvolti nell’operazione sono stati concessi passaporti e identità russe. Alcuni di questi individui sono rimasti nella Federazione mentre altri si sono stabiliti in India e in Europa occidentale. Inoltre, nonostante la Russia consideri i talebani un’organizzazione terroristica, l’intesa tra Mosca e gli islamisti non è stata interrotta.
Infatti, l’ufficiale del Gru incaricato di gestire i rapporti con i mujaheddin continua a svolgere il ruolo di interlocutore indispensabile per negoziare la cooperazione militare di intelligence con i signori di Kabul.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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