Daniele Ruvinetti, senior advisor di Med-Or, esperto di Medio Oriente e di Nord Africa, la cosiddetta area Mena che, da anni, vive in un continuo subbuglio, fatto di rivolte e guerre civili (che spesso vengono usate anche dalle potenze internazionali per portare avanti la propria politica estera).
Partiamo dalla Siria…
È diventata un altro fronte aperto, sulla quale bisogna dire due cose. Assad aveva due grandi alleati: le milizie iraniane (in primis Hezbollah) e i russi. Questi ultimi si sono dovuti concentrare sull'Ucraina mentre il gruppo filo Teheran a difendere il Libano. Così si è creato uno smottamento negli equilibri siriani. Probabilmente c'è stata anche una spinta di qualche altro Paese...
Hayat Tahrir al-Sham (Hts) non può aver fatto una cosa simile da sola?
A parte la Turchia, che è uno storico sponsor del gruppo, potrebbe anche essere una manovra per mettere in difficoltà l'asse russo-iraniano. Sfruttando un momento di forte debolezza del governo di Assad, gli uomini di Hts sono entrati ad Aleppo con una facilità incredibile.
L'esercito governativo ha ripiegato, non ha combattuto. Si è parlato addirittura di un colpo di Stato a Damasco…
Si parlava di scontri tra milizie filo governative ma la notizia non è stata confermata. La Russia è entrata in campo con l'aviazione. Questi fatti rientrano in un quadro di grande destabilizzazione del Medio Oriente, dove era presente una grande influenza dell'Iran tramite i suoi proxy, e ovviamente anche dalla Russia (che ha tenuto in piedi Assad). Con Hezbollah impegnato in Libano e indebolito, e un ridimensionamento di Hamas, gli equilibri della regione sono andati in crisi. Questa è una politica di massima pressione sull'Iran. Israele vuole chiudere la pratica Gaza per poi concentrarsi su Teheran (come ha spiegato Netanyahu quando ha annunciato la tregua). Non è un caso che la tregua israeliana a Gaza termini con il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Dopo bisognerà capire come si svilupperà la politica estera di The Donald. Per quanto riguarda il Medio Oriente, il tycoon dovrebbe continuare ad appoggiare senza indugio alcuno Netanyahu. Si tenterà di fare un avvicinamento tra Arabia Saudita e Israele, come accaduto durante il primo mandato di Trump con gli Accordi di Abramo. Quanto accaduto in Siria può essere un indebolimento dell'asse iraniano per portare Teheran a più miti consigli.
In Medio Oriente da qualche anno non parliamo più di Isis. Però c'è. È ridotto, è nascosto, ma c'è, soprattutto come ideologia. Non è ancora una minaccia per l'Occidente?
Viviamo sulle emergenze e ci dimentichiamo di situazioni che possono tornare in ogni momento, come l'Isis. Queste formazioni, che ancora ci sono, magari cambiano nome (Hts è la vecchia Al Qaeda) e formazioni. Ci sono tante formazioni di estremismo islamico anche in Africa, presenti in Niger, Somalia, Burkina Faso, in Africa Centrale. Dobbiamo riprendere l'attenzione su questi gruppi, anche perché potremmo avere una sorpresa: magari un attentato in Occidente. Può succedere perché anche gruppi sunniti come Hamas o legati all'Iran – che è in difficoltà – possono colpire in qualche modo il mondo occidentale. Qualche mese fa si è parlato addirittura di un piano iraniano per uccidere Trump, che non è stato smentito da Teheran. Formazioni come Hts vengono usate per mettere in crisi Assad, ma poi vanno gestite perché se prendono troppo spazio poi non è facile averci a che fare. C'è il rischio della recrudescenza di formazioni estremiste mentre il mondo arabo è in grande fermento.
Qual è l'alternativa ad Assad?
Assad è un dittatore. Dall'altra parte non si vede probabilmente un moderato o qualcuno più dialogante con l'Occidente. Chiaramente non possono essere queste formazioni che sono di tendenza estremista, che guardano a un mondo islamico estremo, a prendere il potere in Siria.
Cosa succede in Libia?
Viste le altre crisi è stata un po' dimenticata. È però un Paese che si è diviso in maniera molto forte. Siamo tornati indietro di almeno dieci anni, a quando c'era una divisione tra un governo a Tripoli e uno a Tobruk (oggi Bengasi). Il governo oggi riconosciuto non è mai riuscito a trovare un accordo con Haftar, che ormai è un esponente del Paese con cui bisogna per forza dialogare. Dall'altra parte a Tripoli c'è un primo ministro indebolito (non ci sono state elezioni) che ha perso parte di appoggio di Misurata, la città militare più forte. Tripoli continua ad essere influenzata dalle milizie. L'unica cosa buona è che prima ce ne erano molte, oggi molto meno: c'è un processo volto ad includerle nel mondo della polizia. C'è stato uno scontro fortissimo sul governatore della Banca centrale, dove c'è stato un accordo tra l'Alto consiglio di Stato (diviso) e il parlamento.
L'Italia cosa dovrebbe fare per tornare protagonista?
L’inviata ad interim delle Nazioni Unite sta preparando con il grande appoggio degli americani un nuovo dialogo. Vorrebbe a mio avviso fare un governo unificato. Come? Coinvolgendo Tripolitania e Haftar. Potrebbe uscire fuori, a breve, un nuovo dialogo politico chiamando determinati rappresentanti di varie tribù e fazioni. Qui c'è una chiara spinta americana. Ricordiamo che per Trump – così come per Biden – la Libia non è mai stata una priorità, però c'è il tema del petrolio che potrebbe interessare al tycoon. L'Italia può avere una grande occasione, potrà chiedere aiuto a Washington, così da cavalcare un processo di tentativo di unificazione. Adesso qual è l'alchimia? Haftar, essendo un militare, riconosce solo la forza militare. Lui rispetta Misurata, che è quella che ha le milizie. Misurata sta piano piano capendo che ad un certo punto se vuoi stabilizzare il Paese devi fare un accordo con Haftar. Si sta capendo che alla fine deve vincere la realpolitik. Allora, se c'è un accordo mediato dall'Onu, con un asse Haftar-Misurata, un governo con quest'asse potrebbe reggere. Perché ha due forze che nessuno può contrastare militarmente sul terreno: Misurata e Haftar, garanti di un governo che parla per entrambi.
C'è una definizione che ha usato Papa Francesco, che è la Guerra Mondiale a pezzi. Il Medio Oriente e l'Africa quanto pesano in questo tema?
Oggi ci sono tantissime guerre e crisi aperte. Ci sono poi crisi che includono potenze nucleari, Russia compresa. Siamo di fronte a crisi molto pesanti. Forse quella del Medio Oriente è anche più complicata perché c'è di mezzo la religione. Quando accade ciò, tutto è più complesso e si creano anche gli estremismi. Il Medio Oriente è un pezzo di grande preoccupazione e di potenziale conflitto.
È un conflitto regionale ma che rischia di diventare globale nel caso di un pesante conflitto diretto, per esempio, tra Israele (il suo primo partner sono gli Usa) e l'Iran. Sono scenari che si ampliano, che coinvolgono altri Stati. La Siria poi potrebbe scatenare un nuovo fenomeno migratorio. Ci sono tanti fronti aperti e troppi Paesi militarmente e potenzialmente pericolosi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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