Torna a prendere quota la campagna di Donald Trump. Se il ritiro di Joe Biden e l’entusiasmo scatenato dall’avanzare di Kamala Harris hanno galvanizzato per settimane i sostenitori del partito dell'asinello, adesso l’effetto novità determinato dall’ingresso a sorpresa della candidata dei dem nella corsa alla Casa Bianca sembra essersi esaurito del tutto. Gli ultimi sondaggi mostrano infatti, con sempre più spiccata evidenza, un’inesorabile riduzione del distacco tra i due aspiranti alla presidenza degli Stati Uniti. Un trend che nei decisivi Stati in bilico si traduce in una distanza tra gli sfidanti così ravvicinata e all’interno del margine di errore da far temere un'elezione tra le più incerte della storia americana.
Il ritorno di Trump
A trarre beneficio dall'attuale fase di bonaccia elettorale è "Teflon Trump", il quale, dopo esser sopravvissuto a due tentati assassinii e alle ricadute derivanti dalle sue continue dichiarazioni provocatorie, viene indicato per la prima volta dal 7 agosto dal sito di sondaggi FiveThirtyEight come il favorito nella competizione presidenziale. Anche in questo caso si tratta di un margine risicato, 51% di possibilità di vittoria contro il 49% di Harris, ma segnale di un’inversione di tendenza che potrebbe caratterizzare le ultime settimane della campagna.
“Preparatevi a mangiare il tacchino nella contea di Erie”, scherza, ma non troppo, lo stratega repubblicano Matt Gorman riferendosi alla festa che si celebra a fine novembre negli Usa e ad una delle contee della Pennsylvania che potrebbero decidere le sorti del voto nel Keystone State e non solo. Sarà l’elezione più incerta da quella del 2000, aggiunge Gorman evocando lo spettro di uno scontro che vide il repubblicano George W. Bush prevalere sul democratico Al Gore per 537 voti in Florida con una battaglia legale arrivata sino alla Corte Suprema.
Secondo una media di otto rilevazioni statistiche analizzate dal sito 270towin in Pennsylvania Harris detiene un vantaggio sull’avversario di appena 0,3 punti percentuali ma le cose non vanno meglio negli altri swing State. In Arizona infatti Trump è avanti dell’1.7%, in Georgia dell’1,8%, in North Carolina dello 0,5% e nel Wisconsin dello 0,7%. In Michigan e Nevada entrambi i candidati sono alla pari.
Gli analisti invitano a temperare l’importanza dei sondaggi con alcune considerazioni. Nel 2012 e nel 2020 le rilevazioni condotte prima del voto sottostimarono il sostegno che si materializzò alle urne a favore rispettivamente di Barack Obama e di Joe Biden. Oltre poi a non anticipare il successo di Trump nel 2016, anche quattro anni fa i sondaggi non sono stati in grado di mostrare come il tycoon, pur perdendo contro il vecchio Joe, sia riuscito ad avvicinarsi più del previsto al suo sfidante.
Kamala, abbiamo un problema
A questo punto ci si domanda cosa abbia determinato il raffreddamento dell’entusiasmo per Harris registrato sia negli Stati in bilico che a livello nazionale. Per alcuni commentatori politici la risposta è da ricercare negli eventi delle ultime settimane. Gli uragani che hanno colpito il sud-est degli Stati Uniti hanno permesso a Trump di alimentare una campagna di disinformazione anti-governativa. L’irruzione in campo di Elon Musk a favore di The Donald starebbe mobilitando una certa fascia di elettorato conservatore e per la prima volta nella storia Usa la Silicon Valley sarebbe più vicina ai repubblicani che ai democratici. Non aiutano Harris il peggioramento della crisi in Medio Oriente e le sue posizioni percepite non abbastanza filo-israeliane.
Sullo sfondo si staglia però il fatto che l’ex procuratrice della California corra, nel bene e nel male, sulla scia del presidente e dei risultati conseguiti da un’amministrazione di cui è stata parte integrante. Pur avendo dichiarato di non essere Biden e che in caso di vittoria il suo mandato non sarà una prosecuzione di quello dell’attuale inquilino della Casa Bianca, gli elettori non sembrano ancora percepire una differenza sostanziale tra le due personalità. Il tutto nonostante un blitz mediatico che ha portato Harris persino negli studi di Fox News.
Questi sono solo alcuni degli elementi, quasi tutti contingenti, che insieme ad un’insoddisfazione generale per lo stato dell’economia Usa - pur celebrata in queste ore dall’Economist - aiutano a spiegare cosa abbia fatto inceppare la campagna dei dem. Un aspetto però non trascurabile ha a che fare con i mutamenti avvenuti negli ultimi anni all’interno della società americana.
Come dimostrato dallo slittamento a destra dei latinos sul tema dell’immigrazione e dal fascino esercitato dall’agenda Maga su una parte della comunità afroamericana, l’elettorato di riferimento del partito dell’asinello non è più lo stesso di un tempo. Harris è sicuramente consapevole di tali cambiamenti. È però forse altrettanto consapevole che, più che contro Trump, la sua è una disperata corsa contro il tempo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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