"Les italiens" a servizio del Marocco: così volevano fermare l'inchiesta su Pegasus

Emergono anche coinvolgimenti di Rabat, tramite il gruppo di Panzeri e Giorgi, nella commissione dell'europarlamento chiamata a indagare sul caso Pegasus

"Les italiens" a servizio del Marocco: così volevano fermare l'inchiesta su Pegasus

Non solo la questione del Sahara Occidentale e degli accordi commerciali con l'Ue. Se il Marocco si è mosso, secondo gli inquirenti belgi, è anche per altri motivi. Rabat ha avvicinato la presunta cricca capeggiata dall'ex eurodeputato Antonio Panzeri, assieme al suo ex collaboratore Francesco Giorgi, anche per mettere le mani sulla commissione di inchiesta relativa all'affaire Pegasus. Dal nome del software con cui alcuni servizi segreti, compresi quelli del Marocco, avrebbero spiato leader politici europei.

La commissione Pegasus

Nelle scorse ore Repubblica ha pubblicato alcuni passaggi dei documenti dell'inchiesta della magistratura belga sul cosiddetto Qatargate. Un nome però che tradisce lo sviluppo a “doppio binario” delle indagini. Non c'è infatti soltanto Doha coinvolta nel presunto giro di mazzette, ma anche per l'appunto Rabat. Fino a oggi si è ipotizzato come il Dged, il servizio segreto marocchino, abbia agito su Panzeri e su altri esponenti politici europei unicamente per la questione del Sahara Occidentale e degli accordi commerciali con l'Ue.

Con le nuove rivelazioni però, sembrerebbe adesso che gli obiettivi del Marocco fossero altri. In particolare, Rabat voleva vederci chiaro sulla commissione Pegasus. La commissione cioè nata nel marzo del 2022 all'interno del parlamento europeo per indagare su possibili casi di spionaggio.

In quelle settimane è infatti emerso che con il software Pegasus, creato dalla società israeliana Nso, alcuni importanti leader politici europei sono stati spiati. Tra questi il presidente francese Emmanuel Macron. Ma non sarebbero stati immuni da casi di spionaggio anche diversi membri della commissione europea.

Chi ha spiato i politici del vecchio continente? È proprio questa la domanda a cui i membri della commissione devono dare risposta. In alcuni articoli giornalistici, è emerso un ruolo del Marocco nell'uso di Pegasus. Un ruolo, per la verità, ancora da accertare e con Rabat comunque non come unica indiziata nel caso.

Ad ogni modo, gli inquirenti belgi del Qatargate avrebbero notato un tentativo marocchino di infiltrare proprio uomini all'interno della commissione. I servizi di Rabat, in particolare, “spingono l'adesione del deputato Andrea Cozzolino alla commissione speciale parlamentare – si legge nelle carte degli investigatori di Bruxelles – dato il coinvolgimento pubblico del Marocco in questo file". “Inoltre – si legge ancora – nella commissione ci sono anche la vicepresidente Eva Kaili e la parlamentare belga Marie Arena”. Kaili è la vice presidente del parlamento europeo, compagna di Francesco Giorgi e attualmente in stato di fermo per via dei soldi ritrovati nella propria abitazione. Secondo gli inquirenti di Bruxelles, Cozzolino (non indagato nell'affaire Qatargate), Kaili e Arena avrebbero composto un vero “team che lavora a servizio del Dged” e, in questo contesto “il gruppo degli italiani – scrivono gli investigatori – opera con una discrezione che va oltre la mera prudenza. Evitando di apparire troppo apertamente filo-marocchini all'interno del Parlamento. Usando un linguaggio in codice”.

I possibili obiettivi di Rabat

Viene chiamato gruppo di italiani anche se non ci sono solo nostri connazionali coinvolti. Il riferimento è quindi probabilmente più a Panzeri e Giorgi e al loro ruolo di vertice nel presunto gruppo pro Marocco.

Ad ogni modo, l'obiettivo principale di Rabat era quello probabilmente di sapere fin nel dettaglio l'andamento dei lavori all'interno della commissione Pegasus. In tal modo, i servizi marocchini sarebbero eventualmente potuti intervenire.

Se il quadro accusatorio belga dovesse essere confermato, allora il coinvolgimento del Marocco nella vicenda potrebbe avere ripercussioni anche sulla stessa inchiesta Pegasus e capire meglio come il

software sia stato usato nei confronti di diversi leader politici europei. Tra questi, è il sospetto trapelato su Repubblica, anche Romano Prodi in qualità di inviato speciale delle Nazioni Unite per il Sahel.

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