L’Africa siede tra i 20 grandi ma è solo colonialismo

Il G20 è una porta aperta, o perlomeno questa è la speranza. Lo indica quel segno più che compare dopo il numero

L’Africa siede tra i 20 grandi ma è solo colonialismo
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Il G20 è una porta aperta, o perlomeno questa è la speranza. Lo indica quel segno più che compare dopo il numero. È il vertice che riunisce i capi di governo, i ministri delle finanze e i banchieri centrali delle maggiori economie del mondo: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, India, Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Sudafrica, Turchia, Unione Europea. Il prossimo si apre domani a New Delhi. Ci saranno un po’ di novità. La prima è che l’India sta pensando di presentarsi con un nome diverso, non più quello che ricorda la «schiavitù coloniale», ma l’originale sancrito Bharat. È una mossa di propaganda per tornare a non allinearsi. La seconda è che i poveri della città verranno nascosti per non fare brutta figura. La terza è Xi Jinping se ne resta a Pechino.
La Cina ci sarà, ma lui no.
Qualcuno dice che nel grande partito comunista per il capo tiri una brutta aria e nella buona tradizione dei leader rossi il buon senso consiglia di non allontanarsi troppo. Non è detto che il motivo sia questo, ma non c’è dubbio che l’imbarazzo per la crisi economica cinese rischia di cambiare gli equilibri nel resto del mondo. E qui entra in gioco la quarta novità. Il premier indiano Narendra Modi sta lavorando per allargare il club dei venti all’Unione Africana, non come ospite saltuario ma per sempre. L’idea sembra che piaccia parecchio anche a Biden, ma è solo un debole tentativo degli Stati Uniti di strappare a Pechino una influenza ormai consolidata sul continente più antico. Il dubbio è che sia troppo tardi. È più efficace l’azione dell’India che sta giocando una partita alternativa alla Cina per prendersi un posto in prima fila nel nuovo ordine mondiale. È una mossa che al di là dei patti strategici punta comunque a ridimensionare il potere mondiale degli Stati Uniti. Washington spesso si muove in uno scenario globale binario, con una dinamica che prevede solo due posizioni, on e off. È che le cose in cielo e in terra sono molto più complicate.

L’Europa dovrebbe essere quella più interessata a dialogare con l’Unione Africana, non fosse altro per preoccuparsi e trovare uno straccio di soluzione ai flussi migratori.
Non lo farà. L’impressione, alla vigilia del G20, è che l’Africa resti nello sguardo di tutti gli altri una terra coloniale. Il colonialismo non è più solo un vizio dell’Occidente.

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