"L'Italia ancora nel mirino e quei 149 foreign fighters". Tutte le nuove minacce rilevate dall'intelligence

Il rapporto sulla sicurezza con i vertici dei Servizi. Al centro rischi di disinformazione e attacchi ibridi per destabilizzare i processi elettorali democratici. Il clima che cambia diventa "moltiplicatore di crisi"

"L'Italia ancora nel mirino e quei 149 foreign fighters". Tutte le nuove minacce rilevate dall'intelligence

Un 2024 all'insegna dell'instabilità. Un'instabilità moltiplicata dall'incertezza dei 67 processi elettorali che coinvolgeranno, quest'anno, la metà della popolazione mondiale e nazioni che rappresentano il 51 per cento del Pil globale. A partire dal voto nell'Unione Europea fino a quello in Russia e negli Stati Uniti. Con tutti i connessi rischi di disinformazione ibrida. Per non parlare della crisi della globalizzazione, dei conflitti in corso dall'Ucraina al Medioriente e della loro capacità di alimentare destabilizzazione e nuove forme di terrorismo.

Minacce a cui si aggiungono lo spionaggio tecnologico, i tentativi del terrore islamista di rialzare la testa e la moltiplicazione dei flussi migratori legati alla destabilizzazione dell'Africa e di altre aree mondiali. Tutti temi evidenziati durante la presentazione a Roma della «Relazione sulla politica dell'informazione per la sicurezza». Una presentazione diventata da qualche anno evento pubblico. Un evento a cui hanno partecipato, ieri, tutti i responsabili dell'intelligence italiana dal sottosegretario Alfredo Mantovano, in qualità di Autorità delegata per la sicurezza, al presidente del Copasir Lorenzo Guerini, fino ai direttori dei tre servizi, Elisabetta Belloni (Dis), Giovanni Caravelli (Aise) e Mario Parente (Aisi). Per capire perché l'intelligence sia uscita dai film di 007 per diventare evento pubblico basta il confronto tra il mondo attuale e quello della Guerra Fredda.

Un tempo fare «intelligence» significava soprattutto contrastare l'attività delle spie legate al mondo sovietico. Oggi significa affrontare le sfide di un mondo multipolare dove neppure la superpotenza statunitense è più in grado d'imporre la propria egemonia. «Viviamo un mondo complesso, gli choc geopolitici e geo-economici a cui siamo stati sottoposti hanno dimostrato che la sicurezza nazionale è frutto di una serie di fattori interconnessi» - spiega la Belloni sottolineando

la «complessità del concetto di sicurezza nazionale». Un contesto in cui bisogna fare i conti non solo con l'attività di presunti stati nemici, ma anche con quella di una miriade di «Spectre» la cui attività e identità spazia dal terrorismo jihadista alla disinformazione sulla Rete, dallo spionaggio finanziario alla sottrazione di segreti e dati industriali fondamentali per la sicurezza nazionale. La difesa di patrimoni tecnologici indispensabili per lo sviluppo degli assetti industriali del paese è - come sottolinea il sottosegretario Mantovano - una funzione essenziale dell'intelligence. «Se si guarda all'attività della golden power la struttura che vigila sulle partecipazioni straniere potenzialmente rischiose i numeri ci dicono che si è passati dalle 83 notifiche nel 2019 alle 577 del 2023». Un riferimento abbastanza chiaro alla penetrazione economica di una Cina sempre pronta sfruttare le debolezze del nostro settore industriale per acquisire, grazie alle partecipazioni societarie, preziosi segreti tecnologici. Per difendere l'interesse nazionale l'intelligence deve dunque estendere il campo d'azione. Ma deve anche garantire ai cittadini quella che Elisabetta Belloni, Direttrice del Dipartimento informazione per la sicurezza, definisce la comprensione delle «grandi questioni trasversali». Tra queste vi è il monitoraggio dello sviluppo dell'Intelligenza Artificiale. Uno sviluppo che come ricorda Mantovano «rende sempre più difficile distinguere vero e falso accentuando i rischi della disinformazione». Per evitarli l'intelligence «deve lavorare sulla Rete verificando la tracciabilità delle informazioni e controllando la reale identità dei profili che le diffondono».

Ma poi vi sono i rischi legati a guerre e conflitti come quello riacceso dalle stragi di Hamas dello scorso 7 ottobre. L'attacco del movimento islamista, stando ai nostri servizi segreti, minaccia di diventare «una cassa di risonanza per il messaggio jihadista» e «fungere da innesco di potenziali lupi solitari stanziati in Europa». Anche perché lo Stato Islamico è oggi «in una fase di riorganizzazione» mentre Europa ed Italia restano nel mirino. «L'Italia - sottolinea il rapporto - si è confermata potenziale bersaglio per la sua centralità

nel mondo cristiano, il suo impegno nella Coalizione anti-Daesh e la presenza di luoghi simbolo della storia occidentale come il Colosseo considerato obiettivo di conquista privilegiato nel cuore dell'Europa miscredente». Non a caso dopo l'incendio a Stoccolma, lo scorso 28 giugno, di una copia del Corano lo Stato Islamico ha diffuso un locandina in cui - spiega il rapporto - si vede «un mujaheddin con il volto travisato, alle cui spalle sono raffigurati il Colosseo e la bandiera della Svezia». Proprio per questo la nostra intelligence continua a monitorare le attività dei militanti islamisti che negli anni passati «hanno raggiunto il quadrante siro iracheno per unirsi a Daesh o ad altre formazioni terroristiche».

Nel 2023 - ricorda la relazione - sono aumentati a 149 (di cui 39 «rientrati») «i soggetti connessi a vario titolo con l'Italia inclusi nella lista consolidata redatta dal Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo». Grazie a questi controlli «nel 2023 sono stati eseguiti 77 rimpatri» tra cui quelli di 13 soggetti «che erano rientrati in Italia clandestinamente nonostante fossero stati già rimpatriati negli anni precedenti». Tra le nuove sfide, il rapporto non sottovaluta il cambiamento climatico, ritenuto «moltiplicatore di crisi e minacce» in quanto «oltre a impattare trasversalmente su settori sensibili come la geopolitica, la sicurezza alimentare, idrica, economica e sociale, incide a cascata anche sull'espansione del terrorismo».

La relazione

dell'intelligence sottolinea inoltre la necessità di tenere conto delle migrazioni in costante crescita e per questo esposte «con sempre maggiore insistenza al duplice rischio di sfruttamento da parte delle organizzazioni terroristiche».

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