Duemilaventicinque, ritorno in Albania. Con uno sguardo all'agenda e uno al Patto Ue. Sul tavolo del premier Giorgia Meloni c'è il delicatissimo dossier Albania di cui discuterà oggi assieme al sottosegretario Alfredo Mantovano e al consigliere diplomatico della presidente del Consiglio Fabrizio Saggio con i ministri Matteo Piantedosi (Interno), Antonio Tajani (Esteri, in collegamento), Guido Crosetto (Difesa) e Tommaso Foti (Affari Ue).
Dalla seconda settimana di gennaio potrebbero ricominciare i viaggi delle navi militari verso il porto di Shengjin e il trasferimenti nell'hotspot di Gjader dei richiedenti asilo maschi e in buona salute visto che - da qui a giugno, è il ragionamento dell'Italia - la normativa Ue sui «Paesi sicuri» potrebbe allinearsi, anche sulla necessità di avere hub di rimpatrio in Paesi terzi extra Ue (vedi il piano quinquennale da 800 milioni in Albania) da dove rimpatriare dopo un brevissimo trattenimento di 48 ore chi non ha diritto d'asilo nei «Paesi sicuri» previsti dal decreto Flussi su cui - non prima di marzo, secondo i rumors, comunque entro giugno - arriverà anche il bollino Ue. Un'idea nata pensando «out of the box, fuori dagli schemi», ragiona il premier. Lo ha promesso la stessa presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen («serve una cornice giuridica europea») al Consiglio Ue, lo invocano almeno una decina di Paesi Ue interessati al modello Albania per la gestione dei flussi migratori attesi il prossimo anno, lo confermano il calo degli sbarchi (65mila contro i 153mila del 2023), e la fuga delle Ong per la stretta del Viminale.
Per aggirare le trame della magistratura più ideologica che non aiutano la guerra del governo ai trafficanti di uomini («non lasceremo a loro la decisione su chi deve entrare e chi no, non permetteremo alla Russia o alle organizzazioni criminali di minare la nostra sicurezza», ribadisce la Meloni), il governo ha trasferito la competenza sui trattenimenti dalle sezioni Immigrazione alle Corti d'appello, un provvedimento che entrerà in vigore sabato 11 gennaio. C'è l'assoluzione di Matteo Salvini per il mancato sbarco dei migranti dalla nave Open Arms e c'è naturalmente la recente sentenza della Cassazione che «ha sostanzialmente dato ragione al governo, i giudici possono entrare nel singolo caso ma non disapplicare in toto», sottolinea la Meloni, riconoscendo così alla politica il diritto di stabilire un regime differenziato delle domande di asilo per chi proviene da Paesi «sicuri».
Ma c'è un terzo aspetto: tra febbraio e aprile la Corte Ue (e a seguire la Cassazione) dovrebbe pronunciarsi sui «Paese sicuri» su cui ruota il modello Albania. A quanto risulta al Giornale entro il 3 gennaio l'Italia dovrebbe presentare le sue controdeduzioni, la sentenza interessa tutti i Paesi interessati a esportare questo modello a casa propria. La Danimarca e l'Olanda le più disponibili, con alla finestra Francia e Germania (ma anche il Regno Unito).
Nella ex Jugoslavia ci sarebbero almeno due Paesi disposti a ospitare un hub di rimpatrio, magari in cambio di un «aiutino» per entrare nella Ue come farà l'Albania nel 2030. Non è un caso se una dozzina di Paesi facciano il tifo per l'Italia e sarebbero pronti a sostenere le nostre controdeduzioni davanti ai giudici in Lussemburgo. Altro che isolati in Europa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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