Le parole in politica qualche volta sono una finzione e servono a mascherare la realtà. C'è un luogo in Sudamerica, solo in apparenza lontano, dove in queste ore stanno arrestando chi scende in piazza per protestare contro elezioni truccate. Il baro è un uomo, e la sua cricca, che da venticinque anni governa una democrazia farlocca. Si chiama Nicolás Maduro e ha ereditato il potere da Hugo Chávez, leader che, nel nome del popolo, ha scelto il castrismo come modello politico e culturale. Il rosso in questi casi funziona meglio del nero. È sempre dittatura, ma se ne parla di meno. In genere gli indignati non si indignano. Maduro lo sa, e ci gioca: «Il fascismo non passerà», «il focolaio fascista sarà estirpato», «questo è un colpo di Stato fascista». E di fascisti ne sta arrestando tanti, uno dopo l'altro, tutti quelli che pretendono di vedere i registri dei voti. Sono più di mille e chiedono trasparenza. La risposta è il carcere. Non ha ancora arrestato il suo avversario diretto, l'uomo che queste elezioni le ha vinte: Edmundo González Urrutia. È un ex diplomatico, mite ma non remissivo, che nella sua storia di ambasciatore ha servito il Venezuela anche quando non condivideva le idee di Chávez. La leader della destra è in realtà María Corina Machado, la dama de acero, la signora di acciaio che non ha mai nascosto di ispirarsi a Margaret Thatcher. Il Tribunale supremo di giustizia, controllato da Maduro, l'ha giudicata non candidabile. Eccola, la fascista dei fascisti è proprio lei. È la golpista che Maduro indica come il simbolo di ogni male.
Queste cose, si dice, accadono solo in Sudamerica. I Maduro sono compagni che sbagliano. La realtà è che così si fa un torto a un personaggio con tante ombre, perfino di narcotraffico, ma che, dal punto di vista dell'identità culturale, è sotto molti aspetti ineccepibile. È un fiero antiamericano. È schierato sulla dorsale geopolitica che si batte contro l'ipocrita egemonia americana. È convinto che la democrazia «socialista» non abbia nulla a che fare con il riconoscimento di quei diritti spacciati come universali dall'Occidente. Non a caso la sua falsa vittoria è stata riconosciuta immediatamente da Russia, Cina, Iran, Cuba, Bolivia e Honduras. Maduro non ha dubbi sul fatto che lui sia dalla parte dei «giusti». Lo conferma il fatto che veda fascisti ovunque. Dove c'è un nemico c'è un fascista. I fascisti sono tutti quelli che non la pensano come lui. I fascisti bisogna sconfiggerli senza farsi troppi scrupoli e il primo passo, ormai decennale, è falsificare le elezioni. Il popolo è sovrano, ma spesso non sa quale sia davvero il suo bene. Come si fa d'altra parte a non pensarla come lui?
Maduro, in realtà, non è affatto una anomalia culturale. È l'incarnazione di una visione del mondo. Quelli come lui li incontri non solo in Venezuela e neppure soltanto nell'America Latina. I Maduro più convinti li incroci in tutto l'Occidente e in Italia sono una schiatta con un peso pubblico non indifferente. Una buona minoranza è in Parlamento, ma i pesi massimi li trovi in ogni dibattito televisivo, nei giornali, nelle case editrici, nella repubblica delle lettere, nelle scuole e nelle università, come giudici e pm, nel gigantesco apparato burocratico dei cento ministeri. Sono tutti convinti che in Italia il fascismo sia addirittura al potere e si stupiscono, con allarmi quotidiani, come sia possibile che nessuno faccia nulla. Ci sarebbe da andare in montagna.
La beffa è che non ci vanno neppure loro, troppo impegnati a pontificare ovunque ci sia uno spettatore. La lotta al «fascismo» vanificata dal narcisismo.Sono la lunga schiera dei Maduro ipotetici. Il sogno è sentirsi come lui. Per ora si accontentano di vedere la dittatura in Italia e un «cosa vuoi che sia» in Venezuela.
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