"Viola diritto a legame padre e figli". Strasburgo condanna l'Italia

Secondo la Corte europea dei diritti umani, i tribunali italiani hanno tollerato "la costante opposizione della madre e dei servizi sociali" a fare incontrare un padre e i suoi due figli

"Viola diritto a legame padre e figli". Strasburgo condanna l'Italia
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Altra condanna da parte di Strasburgo nei confronti dell'Italia. Secondo quanto stabilito dalla Corte europea dei diritti umani, Roma ha violato il diritto di un padre e dei suoi due figli a instaurare un rapporto. Secondo i giudici è a causa "della tolleranza dimostrata di fatto dai tribunali verso la costante opposizione della madre e dei servizi sociali a far incontrare padre e figli". Condannando lo Stato a versare a padre e figli 24mila euro per i danni morali subiti, la Cedu ha rimarcato la mancanza di "misure in grado di consentire l'instaurazione di un contatto effettivo e a una serie di carenze procedurali". La sentenza mantiene l'anonimato sia per il genitore che per i minori.

Motivando la sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha rimarcato che i protagonisti della controversia sono sottoposti a programma di protezione testimoni. Il padre 33enne è di origini romene, mentre i due figli - rispettivamente del 2009 e del 2011 - hanno la cittadinanza italiana. La vicenda risale al settembre del 2016, quando l'uomo, di fronte all'opposizione della madre al mantenimento di un rapporto con i figli, presentò una domanda per riconoscerli legalmente al tribunale di Roma, spiegando di non averli potuti riconoscere per motivi diversi: non era presente legalmente in Italia al momento della nascita del primo figlio, mentre al momento della nascita del secondo era dietro le sbarre.

Nonostante il diritto di visita riconosciuto dai tribunali - nel procedimento per il riconoscimento dei minori, in primo grado il 17 agosto 2020 e in Corte d'Appello il 28 ottobre 2021 - i servizi sociali non predisposero un calendario di visite. Un unico incontro fissato, nel maggio del 2021. Il governo italiano ha evidenziato che le autorità "hanno prontamente adottato tutte le misure richieste per proteggere l'interesse dei minori" e che "non era possibile organizzare le visite prima che fosse riconosciuto il rapporto genitori-figli", sottolineando che "i ritardi non sono stati causati dalle autorità, ma sono il risultato delle misure prese per combattere la pandemia Covid 19, visto che il padre era detenuto, e dal fatto che genitore e minori fossero in un programma di protezione dei testimoni".

Una difesa accolta solo in parte dalla Corte di Strasburgo: "Una situazione del genere può comportare difficoltà nell'applicazione del diritto di visita, ma le carenze riscontrate non sono manifestamente legate alle circostanze in questione".

La Cedu ha inoltre affermato che "il processo decisionale, nel suo complesso, è stato iniquo", data l'assenza di perizie sui piccoli per determinare quale fosse la loro reale volontà rispetto al rapporto con il padre, sia quella sulla capacità genitoriale dell'uomo.

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