"10 mesi di immobilismo, poi la candidatura coi 5S". Quei dubbi sull'ex procuratore antimafia De Raho

Nell'inchiesta Aemilia e sul caso Mescolini, l'ex forzista Bernini attacca: "Come mai passarono 10 mesi prima di inviare la relazione sull'operato di Mescolini alla procura generale della Corte di Cassazione?"

"10 mesi di immobilismo, poi la candidatura coi 5S". Quei dubbi sull'ex procuratore antimafia De Raho

Prima il rumore, i vaffa e le urla, adesso il silenzio e l'oblìo. C'era un tempo in cui il M5s urlava contro il Pd e pretendeva le dimissioni di Graziano Delrio. Era il 2016 e il nodo della discordia era la maxi inchiesta Aemilia sugli affari della 'Ndrangheta nella regione rossa. Da Beppe Grillo a Giulia Sarti, passando per i gruppi parlamentari pentastellati: tutti invocavano chiarezza. E chiedevano la convocazione del sindaco dem Luca Vecchi e del predecessore Graziano Delrio, all'epoca ministro dei Trasporti, in Commissione antimafia.
Sotto accusa erano i presunti legami con soggetti di Cutro legati alle cosche, i voti delle campagne elettorali e non solo. Le indagini, condotte dal pm Marco Mescolini, colpirono soltanto due politici di centrodestra, Giovanni Paolo Bernini e Giuseppe Pagliani, poi assolti. Nessun esponente di centrosinistra fu invece lambito dalle inchieste. E qualche tempo dopo si sarebbe scoperto pure il perché, con la cacciata da parte del Csm di Mescolini reo di aver aiutato il Pd. Versione confermata al Giornale dall'ex pm Pennisi, per anni pm alla Procura nazionale antimafia e dal 2012 al 2013 a Bologna nel 2012-2013, che ha rivelato: "Mi impedirono di indagare sul Pd e le cosche".

"Certi comportamenti del collega Mescolini allora ritenni che fossero dovuti alla sua incapacità di comprendere. Col senno di poi mi sono dato spiegazioni diverse", racconta Pennisi. Che poi continua: "C'era la lettera scritta da un detenuto a un sindaco, è stata letta come una minaccia. E invece il discorso non è così semplice, quella lettera è un segnale, è l'indice di qualcosa che avrebbe potuto essere svelato, e non è stato svelato perché si è scelto di non indagare. Agli atti c'era questa informativa dei servizi segreti, che ci era stata trasmessa dai carabinieri. Di spunti ce n'erano tanti, con nomi e cognomi. Se si fosse deciso, come io chiedevo, di aprire uno stralcio d'inchiesta sui rapporti tra 'ndrangheta e politica quelli sarebbero stati i primi nomi su cui avrei iniziato a indagare. Alla fine dell'inchiesta Aemilia non c'è stato un solo politico condannato, eppure da quelle parti accadevano cose incredibili. Indago sulla 'ndrangheta dal 1991 ma non avevo mai visto che i candidati alle elezioni locali in una città del nord attaccassero i loro manifesti anche in un paesino calabrese. Andava stralciata l'indagine, approfondita la posizione di altri indagati o indagabili per concorso esterno in associazione mafiosa, invece non si fece nulla».

Adesso si aggiunge un nuovo tassello, anzi un nuovo protagonista. Si chiama Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia dal novembre 2017 al febbraio 2022. Il nome di De Raho emerge in una chat tra l'allora ministro dell'Interno, Marco Minniti, e Luca Palamara. Il Csm aprì una pratica, poi archiviata, sulla vicenda. Ma il consigliere togato di Autonomia&Indipendenza, Sebastiano Ardita nell'aprile 2021 lamentava: "C'è una chat tra Luca Palamara, allora consigliere del Csm, e il ministro dell'Interno in carica Marco Minniti che, rivolgendosi a Palamara all'indomani della mancata nomina di Cafiero de Raho a procuratore di Napoli, ha usato l'espressione 'salviamo il soldato Cafiero'. È una chat che andrebbe approfondita chiedendo magari agli interessati a cosa si riferissero, quale battaglia era stata combattuta, poi chiarita e magari inserita nel provvedimento di archiviazione o così tutto rimane in modo vago. Ci sarebbe anche da capire perché il ministro dell'Interno si rivolge a Palamara, a che titolo lo investe delle sue preoccupazioni, questo rimane a oggi un tema inesplorato, neanche riportato in delibera".

Al netto di ciò e tornando al caso Mescolini, dopo le interrogazioni datate 2020 di Gasparri e Quagliariello, che chiedevano lumi sull'operato del pm, la "Procura generale della Corte di Cassazione - racconta l'ex forzista Giovanni Paolo Bernini - il 14 settembre 2020 chiede alla Direzione nazionale antimafia una relazione sull'inchiesta Aemilia e sull'operato del pm Mescolini". Poi, il nulla. Il tempo passa inesorabile. "Dopo dieci mesi, precisamene il 7 luglio 2021, il pm Pennisi riceve la richiesta da parte del procuratore De Raho di produrre la relazione. E lui la invia dopo sette giorni. Ma come mai passarono 10 mesi?", si domanda con forza Bernini. Relazione che, come scritto dal Giornale, rimarrà poi blindata in qualche cassetto del ministero. Probabilmente perché rappresenta un esplicito atto di accusa sulle modalità di conduzione dell'indagine emiliana lasciando cadere tutti gli indizi che portavano a sinistra.
All'epoca il ministro della Giustizia era il grillino Alfonso Bonafede nel governo giallorosso. Alle politiche del 25 settembre 2022, il procuratore de Raho (nato a Napoli) viene candidato alla Camera dei deputati proprio dal M5S come capolista nel collegio plurinominale Emilia Romagna 3, dove risulterà eletto, e in quello della Calabria. Insomma, adesso da qualche mese è un politico pentastellato. E forse spiega perché nel Movimento 5 Stelle non c’è più nessuno che urla.

"Sono fiducioso che l'onorevole Cafiero De Raho saprà dare una giustificazione alla scelta di ritardare per così tanti mesi l'invio della relazione su Mescolini e, per rimanere in tema inchiesta Aemilia, spero che l'onorevole Cafiero De Raho possa fugare anche i legittimi e imbarazzanti sospetti circa la parentela certa con l'ex capo di Gabinetto del ministro Bonafede, appunto il cognato Raffaele Piccirillo che chiese, in data 7 settembre 2020, ed ottenne, in data 21 settembre 2020, le relazioni della DDA per rispondere alle interrogazioni depositate, in data il

3 settembre 2020, sul pm Mescolini e su inchiesta Aemilia dei Sen Gasparri e Quagliarello, che però rimasero nei cassetti impolverati del ministero, lasciando i due Parlamentari senza mai risposte", tuona ancora Bernini.

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