2015 amaro per Renzi: ecco tutte le trappole tese dalla minoranza Pd

Finché erano solo Civati e Cuperlo a lamentarsi, Renzi poteva anche fare spallucce. Ora tira aria di congiura

2015 amaro per Renzi: ecco tutte le trappole tese dalla minoranza Pd

Passata la tregua natalizia tornano i mal di pancia della minoranza. Dal Jobs Act alla legge elettorale, che Pippo Civati non esita a definire un "Porcellum con le ali", la sinistra piddì si prepara a giocare un brutto scherzo al premier Matteo Renzi. Ed è proprio Civati a lanciare un preoccupante warning al governo: "Se arrivano altre botte così non va bene, ci vuole una verifica". D'altra parte, finché erano solo Civati e Cuperlo a dirlo, Renzi poteva anche fare spallucce, ma ora, almeno a leggere le dichiarazioni rilasciate alla stampa, si levano voci critiche anche tra chi il Jobs Act lo ha approvato. "Oggi siamo tutti minoranza Pd - aggiunge Civati - ecco, forse è un po'...".

Mentre il Pd si divide, diversi esponenti di Forza Italia imbracciano i moschetti. "Si stanno massacrando i privati - fa fuoco Daniela Santanchè - è il solito vizio della sinistra: altro che liberalismo". Per l'esponente forzista, infatti, "l'esclusione degli statali e il trattamento punitivo riservato nella legge di Stabilità al popolo delle partite Iva palesa le intenzioni di questo governo. Matteo Renzi - chiosa - ha mostrato fin troppe esitazioni nell’applicazione del Jobs Act". Il Natale della minoranza pidd', invece, è stato amaro per ragioni contrarie: la riforma del lavoro sarebbe fin troppo "spinta". "Il Jobs act - si lamenta Stefano Fassina - era partito con l’intento di estendere le tutele ai lavoratori precari e invece alla fine l’unico risultato è un arbitrario potere alle imprese di licenziare". Di sfoltire la giungla dei contratti atipici ancora non se ne parla. E su questo punto anche lavoce.info, il think tank fondato dal neopresidente dell’Inps Tito Boeri, "bacchetta" il governo. "La vera assente dal decreto di Natale - si legge in un’analisi - è la lotta alla precarietà".

Fassina non ha dubbi. "Alla fine si è rivelato il vero obiettivo del Jobs Act: indebolire i lavoratori e ridurre la loro capacità contrattuale". Ma al di là dell’indirizzo politico della riforma, la "nuova frontiera" della resistenza dem ora si sposta sul lato giuridico. Con Gianni Cuperlo che evoca un possibile intervento della Consulta. "Ci sono rischi di costituzionalità - dice - e l’estensione ai licenziamenti collettivi è un eccesso di delega da parte del governo". Punto su cui "mena" anche il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, il piddì Cesare Damiano. "Con l’estensione delle nuove regole dell’articolo 18 anche ai licenziamenti collettivi il tema diventa esplosivo - continua - ci batteremo per cancellare una norma ingiusta e marcatamente incostituzionale. A meno che non sia lo stesso Governo a voler affossare il Jobs Act".

Ad affondare ancora di più il coltello è Rosi Bindi: "Mi piacerebbe che la determinazione che Renzi ha messo sulle nuove regole del lavoro la mettesse anche nella lotta alla mafia: per l’economia italiana pesa di più di quanto non abbia influito l’articolo 18".

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