Siamo arrivati a questo paradosso: le vestali della Liberazione (italiana) tifano l'Occupazione (dell'Ucraina). Qualche giorno fa, dalle colonne del Corriere della Sera, Massimo Gramellini (non esattamente una penna di destra) ha suggerito di ribattezzare l'Anpi come «Associazione nazionale putiniani italiani». In effetti l'acronimo è molto versatile e d'altronde già da anni definiva più che altro l'«associazione nipoti dei partigiani italiani», perché di reduci della Resistenza - per evidenti questioni anagrafiche - ne sono rimasti pochi e i loro eredi, più che a custodire la memoria del passato, sembrano interessati ad alimentare le futili polemiche del presente. Se da tempo l'Anpi è in crisi politica ed esistenziale, la guerra in Ucraina ha definitivamente surriscaldato e mandato in cortocircuito i sedicenti custodi della Resistenza. Uno scivolone dopo l'altro, con una perseveranza che non può essere casuale. E, difatti, non lo è.
All'indomani della strage di Bucha, l'Associazione, afflitta da una incontinenza di dichiarazioni e da una ossessiva ricerca di visibilità, si è sentita in dovere di diffondere un comunicato assurto ormai a canone del «neo-neneismo»: non sto con Putin (leggasi: ci sto eccome, ma non è elegante dirlo), ma nemmeno con l'Ucraina e la Nato. «Condanniamo fermamente il massacro, in attesa di una commissione d'inchiesta internazionale guidata dall'Onu e formata da rappresentanti di Paesi neutrali, per appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili», commentava Gianfranco Pagliarulo. Una posizione talmente ambigua da sollevare le ire persino di Paolo Flores d'Arcais (non esattamente una penna di destra, bis). Pochi giorni dopo, sempre il presidente, giusto per non farsi sfuggire neppure una polemica, risponde alla Brigata ebraica che propone di sfilare al corteo del 25 aprile con le bandiere della Nato, dicendo che quelli dell'Alleanza atlantica sono vessilli «inadeguati in una circostanza in cui si parla di pace». Come se l'Italia fosse stata liberata con mazzolini di fiori e non con i fucili e come se gli americani non avessero avuto un ruolo fondamentale nella Resistenza.
Ma d'altronde, ormai è ovvio, il nemico dell'Anpi non è l'invasore, cioè Putin, ma gli Usa e la Nato. Occupazione e liberazione sono etichette da appiccicare alla bisogna per attaccare un nemico o difendere un amico.
Lo testimoniano i post del 2014 e del 2015 in cui Pagliarulo si scagliava contro il regime «nazista» di Kiev e faceva da gran cassa alla propaganda del Cremlino. Sempre dalla parte dei compagni che sbagliano. Allora, cari amici dell'Anpi, a questo punto, fate una cosa meno ipocrita: inventatevi una festa dell'Occupazione e celebrate quella. Sarebbe più coerente.
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