"Abbiamo sconfitto il Califfato. Regaliamo la vittoria al mondo"

L'annuncio dei comandanti curdi dopo due mesi e mezzo di combattimenti. A Baghuz ora sventola la bandiera gialla

"Abbiamo sconfitto il Califfato. Regaliamo la vittoria al mondo"

«Il cosiddetto Califfato è sconfitto al 100%. Come Stato e territorio non esiste più. Regaliamo questa vittoria al mondo» hanno annunciato ieri i comandanti curdi dopo due mesi e mezzo di furiosa offensiva per spazzare via l'ultima sacca dello Stato islamico a Baghuz, nella Siria orientale.

Poche ore prima gli irriducibili di Abu Bakr al Baghdadi hanno girato un impressionante video della fine di una battaglia senza speranza. Una bandiera nera sventola innalzata da un tagliagole ragazzino, che si lancia nell'ultimo assalto suicida. Qualche decina di irriducibili della guerra santa sono stritolati in un fazzoletto di terra e sparano all'impazzata vendendo cara la pelle con folle coraggio. Non hanno più ripari: in campo aperto con alle spalle il fiume Eufrate vengono martellati da un fuoco micidiale dei combattenti curdi. I caccia americani sganciano una serie di bombe e un'enorme nuvola di fumo nero si alza verso il cielo. In primo piano un comandante dei tagliagole urla davanti alla telecamera il suo pazzo testamento spirituale. Poi lancia quello che resta dei suoi uomini nell'assalto kamikaze. È la fine dello Stato islamico in Siria.

Da ieri sul tetto della palazzina comando del grande villaggio di Baghuz, ultima roccaforte jihadista, sventola un'enorme bandiera gialla delle Forze democratiche siriane. «Un passaggio cruciale» nella lotta contro il terrorismo ha dichiarato il vice inviato speciale degli Stati Uniti della Coalizione internazionale contro lo Stato islamico, William Roebuck, celebrando la vittoria accanto ai comandanti curdi.

Una vittoria costata cara: secondo i dati - tutti da verificare - dell'Osservatorio siriano con base a Londra, 630 civili sarebbero stati uccisi a Baghuz compresi 209 bambini e 157 donne. Gli irriducibili dell'Isis li usavano come scudi umani. Almeno 730 combattenti curdi sono caduti, compreso il volontario italiano Lorenzo Orsetti. I combattenti jihadisti rimasti sul terreno sarebbero almeno 1.600 e altri 5mila si sono arresi da gennaio. Le tendopoli come Al Hol scoppiano con 67mila sfollati, soprattutto mogli e figli dell'Isis.

Mazloum Kobane, comandante delle Forze democratiche siriane, ha ricordato che la guerra contro il Califfato è costata la vita a 11mila dei suoi uomini e donne e altri 21mila sono rimasti feriti. Nel gennaio 2015, nel Nord Est della Siria, una strenua resistenza a Kobane, la Stalingrado curda, ha segnato la prima sconfitta dello Stato islamico. Grazie all'appoggio aereo, di artiglieria dei corpi speciali alleati e le fornitura di armi Usa, le Forze democratiche siriane hanno strappato chilometro dopo chilometro il territorio occupato dalle bandiere nere. Nel 2017, dopo quattro mesi di assedio, Raqqa, la storica capitale dell'Isis è stata liberata dando il via all'inizio della fine, che ha visto il suo epilogo a Baghuz. Dopo la vittoria il comandante delle Forze democratiche ha invitato «il governo centrale di Damasco a scegliere la via del dialogo» garantendo una vasta autonomia ai curdi.

In realtà la minaccia non è del tutto estirpata. «Abbiamo messo fine al Califfato dal punto di vista militare e come stato. L'Isis, però, ha ancora cellule dormienti e la loro ideologia persiste nell'area dove hanno governato per anni» spiega Abdel Kareem Umer, il capo delle relazioni internazionali delle Forze democratiche siriane.

Almeno 10mila jihadisti sono in semi clandestinità e continuano a colpire con attacchi terroristici mordi e fuggi. Il portavoce dello Stato islamico, Abu Hassan al-Muhajir, nonostante l'imminente disfatta a Baghuz, aveva rilasciato un messaggio audio proclamando che «il Califfato non è finito» ma sta solo cambiando pelle.

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