Dopo la Sardegna, oggi tocca all'Abruzzo. Si vota in giornata e si scrutina dalle 23, con gli exit poll di Noto Sondaggi a seguire e le proiezioni che già verso l'una di notte dovrebbero dare indicazioni attendibili. In verità, un test per nulla nazionale. Ma che se confermasse il trend sardo sarebbe un evidente indicatore del diffuso malessere che vive la maggioranza di governo a Roma. Anche se a via della Scrofa si respira un cauto ottimismo sulla riconferma a governatore di Marco Marsilio, con la convinzione che per quanto la forbice si sia molto assottigliata rispetto al 2019 (quando, primo presidente di Regione di Fdi, fu eletto con il 43,4% dei voti contro il 31,6 del dem Giovanni Legnini) il vantaggio sia comunque corposo: tra due e quattro punti.
Eppure, il timore dell'effetto Sardegna e l'ampio bacino di indecisi che registrano i sondaggisti in Abruzzo non fanno dormire sonni tranquilli al centrodestra. Arianna Meloni, sorella della premier e responsabile della segreteria di Fdi, è pronta ad andare a Pescara domani se le cose andranno come sperano a Palazzo Chigi. Ma ben due ministri di Fdi puntano già il dito sul previsto calo della Lega (27,5% alle Regionali 2019, 8,3% alle Politiche 2022). Mentre due giorni fa il vicesegretario del Carroccio, Andrea Crippa, sottolineava che «come per la Sardegna, anche in Abruzzo si vince insieme e si perde insieme». Con una digressione non incidentale. «Marsilio - spiegava Crippa alla buvette di Montecitorio davanti a un panino - è un candidato debole, ma per fortuna le liste sono forti e quindi sono ottimista. Poi, certo, resta un problema che Meloni prima impone il candidato e poi si presenta solo per l'ultimo comizio, ma senza mai fare campagna elettorale sul territorio come Salvini. A questo punto, i candidati ce li facesse scegliere a noi...». In effetti, il leader della Lega in Abruzzo ha infilato un filotto di dodici tappe, per un totale di 747 chilometri percorsi e undici ore di viaggio. E pure in Sardegna, dove si è votato il 25 febbraio, è stato sull'isola sei degli ultimi otto giorni prima del voto.
La verità, però, è che - a prescindere dal risultato di oggi - le tensioni tra Fdi e Lega sono destinate a crescere. Non è un caso che il Carroccio stia lavorando a un evento di Identità e democrazia a Roma il 23 marzo (è stata invitata anche Marine Le Pen, leader del Rassemblement National in corsa per l'Eliso). Non proprio una data qualsiasi, visto che il 23 e 24 marzo si terrà sempre nella Capitale, il congresso provinciale di Fratelli d'Italia. Che per il partito di Meloni ha il peso di un'assise nazionale. Sarà presieduto dal capogruppo alla Camera Tommaso Foti e aperto sabato dagli interventi del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, del presidente del Lazio Francesco Rocca, del ministro Francesco Lollobrigida e del vicepresidente della Camera Fabio Rampelli. Gli ultimi due espressione di aree diverse che da tempo si confrontano dentro Fdi e che ad oggi non sono ancora riusciti a individuare un candidato unitario. Insomma, davvero una curiosa sovrapposizione quella tra l'evento elettorale di Identità e democrazia e il congresso romano di Fdi.
D'altra parte, ormai ci si muove in modalità campagna elettorale. Prima la Sardegna, oggi l'Abruzzo, il 21 e 22 aprile la Basilicata e l'8 e 9 giugno il Piemonte e - soprattutto - le Europee. Non è un caso che Meloni abbia detto di aver «messo l'elmetto», pronta a correre capolista in tutte le circoscrizioni. Questo giurano tutti i big di Fdi e questo lascia supporre lo schema della candidature che gira a via della Scrofa.
In cima alla lista ci sono uomini in tutte le circoscrizioni: Alessandro Ciriani nel Nord Est, Carlo Fidanza nel Nord Ovest, Nicola Procaccini al Centro, Denis Nesci al Sud, Giuseppe Milazzo nelle Isole. Il che, in base all'alternanza di genere, lascia supporre che si stia lasciano la casella libera per una capolista donna. Cioè Giorgia Meloni.
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