Ci sono gli invasi da ripulire e quelli da costruire ex novo, la rete idrica da rattoppare, la dispersione dell'acqua da frenare. E servono nuove idee da mettere in cantiere per fronteggiare il pericolo siccità ormai quasi scontato anche per la prossima stagione estiva. Bisogna muoversi bene e presto. Anzi subito. L'emergenza va fronteggiata su più fronti. Lo sa bene la premier Giorgia Meloni che stamattina coordinerà la prima cabina di regia sulla crisi idrica a Palazzo Chigi a cui parteciperanno tutti i ministri interessati. Gilberto Pichetto Fratin per l'Ambiente, Matteo Salvini per le Infrastrutture, Nello Musumeci per le politiche del mare, il ministro dell'Agricoltura. Ed è proprio Francesco Lollobrigida che ieri, da Bruxelles, invoca procedure snelle: «Porterò una proposta che prevede da un lato un meccanismo, che sia con un commissario o un'altra formula, che permetta di superare la troppa burocrazia, e dall'altra parte mantenere in piedi un luogo di riflessione che permetta di immaginare interventi per l'oggi, di medio periodo e anche di prospettiva. Perché il cambiamento climatico produrrà un peggioramento di questa situazione». E il peggio arriverà tra un mese per l'agricoltura, al tempo delle semine. Biella e Vercelli, zone di riso, sono all'asciutto. E in Emilia Romagna hanno già iniziato a fare scorta riempiendo la rete dei canali con l'acqua del Po.
Ma le condizioni climatiche non lasciano ben sperare. Lo spiega il portavoce dell'Autorità del bacino del Po. «Prima delle ultime piogge eravamo in siccità medio grave spiega Andrea Gavazzoli - ora c'è una lieve ripresa e siamo rientrati nella magra ordinaria. Ma non c'è una previsione di pioggia costante e c'è il peso dell'anno scorso senza pioggia e neve. In Piemonte, per esempio, non ha piovuto né nevicato. Così i laghi non si ricaricano. Sia il lago di Garda sia il Maggiore sono in una crisi che non vede la luce».
Servono strategie a breve e a lungo termine. L'Autorità del Po ha già fatto delle proposte, in accordo con gli enti locali: la costruzione di due dighe in Val D'Enza, un'altra sopra Torino, una barriera antisale per evitare il cuneo salino tra Rovigo e Ferrara. Opere per cui serviranno minimo 5 anni, ma doverose se non si vuole navigare a vista. Poi c'è il capitolo dell'utilizzo delle acque reflue depurate da dedicare all'agricoltura. Un sistema che funziona benissimo in Olanda, in Spagna e anche in Italia quando viene messo in atto. L'impianto di Mancasale, vicino Reggio Emilia produce 10 milioni di metri cubi per l'agricoltura. Anche Legambiente incalza su questo strumento. Il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura ha un potenziale enorme (9 miliardi di metri cubi all'anno, l'acqua esce dai depuratori), ma in Italia viene sfruttato solo per il 5% (475 milioni di metri cubi).
Insomma, per dirla con le parole del ministro: «La siccità non è una emergenza, che è una cosa che si scopre da un giorno all'altro, ma un evento ciclico. Negli ultimi vent'anni ci sono stati cinque eventi siccitosi gravi» aggiunge Lollobrigida. «Dovevamo fare strategie e spendere risorse che ci sono. Sono più di otto i miliardi disponibili per impianti irrigui o impianti che permettono di accumulare acqua.
Bisogna lavorare parallelamente sull'emergenza di quest'anno, riuscire a trovare il modo di efficientare quello che abbiamo, e poi lavorare in termini strategici, per arginare la dispersione idrica che in Italia arriva a raggiunge una media del 40 per cento, in alcune regioni al 50 per cento».
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