La caduta è verticale. La riapertura non è stata una ripresa. Gli effetti di tre mesi di pandemia sono uno tsunami sui consumi. Solo a maggio, il mese della ripartenza, avverte Confcommercio, sono scesi del 29,4 per cento. Con la chiusura totale ad aprile era arrivato a -47 per cento. L'Ufficio studi dell'associazione nel rapporto sulla congiuntura di giugno ricorda che «sulla velocità della ripartenza e sul suo consolidamento si gioca il futuro del Paese. Non bisogna trascurare i pericoli connessi all'avvio di un possibile corto circuito depressivo». Il disagio sociale è esploso ad aprile, di pari passo con il deterioramento delle condizioni del mondo del lavoro dipendente e autonomo. Compromessa la fiducia delle famiglie, con ricadute sul consumo tali da frenare ogni ipotesi di recupero di rilievo. Il confronto degli ultimi tre mesi con quelli del 2019 consegna una contrazione del 36,4% dei consumi, un gap che si riuscirà a recuperare «solo in parte nei prossimi mesi». Si è quasi azzerata la domanda di servizi, soprattutto per quelli legati alla fruizione del tempo libero (-92%), per alberghi, bar e ristoranti (-66%) e abbigliamento (-55%).
«Si stima per giugno una crescita congiunturale del Pil del 4,7%, dato che porterebbe ad una decrescita del 17,2% rispetto allo stesso mese del 2019. Nel complesso del secondo trimestre, la riduzione sarebbe del 17,4% congiunturale e del 21,9% su base annua. Queste cifre rendono ben chiara l'entità della montagna che il Paese deve scalare». Una montagna dove la salita è più ripida se le famiglie «hanno meno reddito e molte imprese rischiano la chiusura. C'è pochissimo tempo, bisogna passare subito dagli annunci alla concretezza dei risultati. A partire dalla liquidità, che molte imprese non hanno ancora visto, fino ad un piano di rilancio dell'immagine dell'Italia nel mondo», avverte il presidente Carlo Sangalli. La possibile riduzione dell'Iva ipotizzata dal premier Conte «è un importante segnale di fiducia che abbiamo sempre auspicato», dice Sangalli. «Che non sia, però, una misura eccessivamente provvisoria. Consumatori e imprese hanno bisogno di certezze per programmare», aggiunge. Sulla proposta contenuta nel Piano Colao di incentivare il rientro di contanti dall'estero, Conte invece chiude: «Il problema è che se consentissi domani di riportare contanti in Italia», significherebbe «sanare tutto quello che c'è dietro. Il problema è quello del condono. Un'operazione del genere la gente la fa se non deve dare spiegazioni, se qualsiasi attività pregressa viene sanata. Lì si crea una forte ingiustizia». Il premier piuttosto pensa a «un piano cashless, che è un mio cavallo di battaglia. L'ho detto al Mef: c'è stata l'emergenza ma ora dobbiamo realizzarlo quanto prima».
Arranca l'industria. Che riaccende i motori, ma fatica a riprendere i giri. In aprile la produzione industriale è scesa del 19,1%, e nonostante il recupero atteso in maggio e giugno, il secondo trimestre registrerà un calo del 20%. Confermate le fosche previsioni di un crollo del Pil stimato a circa -9%. I dati «dicono che, nonostante la graduale fine del lockdown dal 3 maggio e la possibilità di riapertura dell'attività, la risalita non è completa», sono le notizie che arrivano dal Centro studi di Confindustria. Risalita che «è apprezzabile, ma parziale, nell'industria (45,4 a maggio), che aveva registrato un tonfo ed era già in difficoltà prima del Covid.
Molto meno nei servizi che restano in forte difficoltà (28,9) dopo il tracollo subito». Il problema ora «è la domanda che resta bassa, per vari beni e servizi, frenando le imprese che hanno riaperto e facendo accumulare scorte».Gli ordini sono ridotti ed è difficile programmare investimenti.
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