Nel 1881, nella Milano che già allora era la città più dinamica e illuminista dell'Italia nata da poco, si svolse la prima Esposizione nazionale, che fu il primo momento in cui il Paese manifestò la sua vocazione industriale. A quell'evento così fatidico prese parte (e con successo, visto che vinse una Medaglio d'oro) anche una piccola impresa nata tre anni prima dall'intuizione di Giuseppe Citterio, un salumiere di Rho che aveva inventato un metodo per lavorare e conservare la carne di maiale. Era così nato il salume Milano, il primo che poteva essere slegato dalla gabbia della stagionalità che imprigionava fino ad allora la produzione dei salumi e che, soprattutto, poteva viaggiare per lunghe distanze e che per questo divenne presto un prodotto molto amato dagli emigrati che partivano verso nuovi mondi e che potevano recare con loro un pezzo della loro patria.
Ed era nata anche un'azienda vivace e innovativa, che ancora oggi è tra i marchi più noti dell'agroalimentare italiano: la Citterio. Che ha comunicato la scomparsa dell'ultimo patriarca, quell'Enrico Citterio che di Giuseppe era nipote. E che è morto qualche giorno fa, era ancora ottobre, anche se la notizia è stata data solo ieri, a funerali già svolti, per volontà della famiglia o forse dello stesso Enrico.
Enrico Citterio aveva 99 anni e aveva guidato l'azienda negli anni della reindustrializzazione dell'azienda, quelli in cui la Citterio, dopo essere stata dedita soprattutto all'export, anche in coerenza con le sue origini, aveva deciso finalmente di conquistare anche il mercato interno, quello di un Paese che aveva conquistato dopo la fine della guerra una capacità di spesa in grado di garantirgli l'accesso ai consumi di massa. La Citterio, come altre aziende alimentari italiane, si trovò anche ad affrontare la sfida di restare al passo con i tempi senza rinunciare alla sua immagine tradizionale. Citterio fu tra le prime società a dotarsi di un laboratorio di analisi chimiche e batteriologiche che garantiva la salubrità di ogni fase della lavorazione e nel 1958 sposò con convinzione la nuova tecnologia che consentiva di confezionare i prodotti sottovuoto. Nel 1974 un quarantanovenne Enrico parteciò alla rivoluzione americana dell'azienda, che aprì il suo primo stabilimento a Freeland, in Pennsylvania, per mantenere salda la presa sul mercato statunitense. Nel frattempo però Citterio si lega anche ai territori legati alla produzione del salame, con una politica di acquisizione di piccole imprese familiari che diventa un efficace punto di incontro tra la cultura contadina e quella industriale.
Dagli anni Novanta del secolo scorso Enrico è affiancato dalla quinta generazione dei Citterio, che porta un'ulteriore spinta all'innovazione e una nuova sensibilità alla sostenibilità e alla riduzione dell'impatto ambientale, che si manofesta plasticamente nell'inagurazione, nel 2008, del nuocvo polo produttivo di Santo Stefano Ticino, nei pressi di Milano, alimenatato in parte da oltre
4mila pannelli fotovoltaici. Il cerchio si chiude con un'altra esposizione milanese, l'Expo 2015, nella quale Citterio diventa l'ambasciatore della saper fare della salumeria italiana, con la nascita dell'Accademia Citterio.
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