Gilberto Benetton era un grande imprenditore e una persona per bene. Se Luciano era il fratello creativo, lui era lo stratega del gruppo, il visionario, quello che allargava le prospettive e pensava a consolidare le fondamenta finanziarie. Aveva 77 anni e aveva fondato l'azienda di abbigliamento con i fratelli Carlo, Giuliana e Luciano. Ha fatto una montagna di soldi: secondo Forbes, la rivista americana che ogni anno fa i conti in tasca ai magnati del pianeta, era il dodicesimo uomo più ricco d'Italia. Il successo gli spalancò nuovi mercati. Fu lui, alla fine degli Anni 80, a capire che le privatizzazioni decise dall'Iri sarebbero stati dei bocconi succulenti, e a traghettare il gruppo verso le grandi aziende di Stato. L'Iri doveva privatizzare e qualcuno doveva comprare. Gilberto pilotò le acquisizioni di Autogrill, degli Aeroporti di Roma e di Autostrade per l'Italia tramite Atlantia.
Autostrade, l'ultima maledizione. Il crollo del ponte Morandi a Genova ha ucciso 43 persone e ha scatenato l'odio dell'Italia sulla famiglia Benetton. Gente che ha lucrato utili sulla pelle degli automobilisti, che ha lesinato nelle manutenzioni, che ha ignorato allarmi, che ha lasciato andare la spina dorsale del sistema di trasporto italiano: così sono stati dipinti i Benetton dopo quel maledetto 14 agosto. Gilberto, il fratello che si occupava della parte finanziaria del gruppo, era l'unico membro a rappresentare la famiglia nel consiglio di amministrazione di Atlantia. Lui teneva i fili della holding con la vasta rete di partecipazioni azionarie. E lui è stato il parafulmine degli insulti piovuti sulla famiglia.
Era in vacanza in quel giorno, come tre quarti degli italiani alla vigilia di Ferragosto. Non era né al volante sull'autostrada A10 e neppure a casa, in una delle case sotto il ponte pericolante. No: era sullo yacht di famiglia, il Nanook, un panfilo da 11 milioni di euro, per l'ultima vacanza della sua vita. Le sue prime parole sono arrivate 20 giorni dopo, troppo tardi: Gilberto Benetton è stato tradito dal suo carattere schivo e da consiglieri troppo prudenti. «Sarà un monito indelebile, se nel caso di Autostrade sono stati commessi errori, quando si sarà accertato l'accaduto verranno prese le decisioni che sarà giusto prendere», disse. Non sarà lui a farlo.
Gilberto Benetton era l'emblema degli imprenditori veneti. Lavoratori e taciturni, generosi e misurati. Sembrava impossibile che un'azienda così innovativa, colorata e giovane fosse uscita dal Nordest, che veniva raccontato come un'enclave di sgobboni impegnati a fare la spola tra la fabbrichetta e l'osteria dello spritz. Benetton con i suoi fratelli mostrò che si può pensare in grande anche da un angolo d'Italia come Treviso, piccolo, signorile, ma fuori mano, intrappolato in una rete di strade strette che a fatica ti portano verso una grande arteria stradale o un aeroporto internazionale. Ebbe il coraggio che appartiene soltanto ai grandi, quello di pensare in grande e caricarsi sulle spalle la responsabilità delle scelte. Dagli United colors agli autogrill, un'azienda che si è allargata più all'estero che in Italia. E poi gli Aeroporti di Roma e di Nizza in Costa Azzurra, la tenuta di Maccarese, gli investimenti agricoli in Argentina, le partecipazioni piccole ma mirate nei salotti buoni della finanza italiana come Generali, Mediobanca, Pirelli. E l'ultima grande impresa, quella di costruire con gli spagnoli di Abertis il più grande polo autostradale d'Europa. Un impero da 12 miliardi di euro che Gilberto mandava avanti dando del «lei» anche ai manager che lavoravano quotidianamente al suo fianco.
È anche grazie ai suoi rapporti nel mondo della finanza e della politica che i Benetton sono diventati quello che sono, un marchio italiano conosciuto nel mondo, un simbolo di creatività e voglia di vivere. Quella voglia che a Gilberto non è mai mancata, ma che era stata minata una prima volta lo scorso luglio, quando è morto Carlo, il più giovane dei 4 fratelli. Scompare un fratello e sorgono mille domande che non riguardano gli affari ma il senso della vita.
Anche in questo Gilberto era un uomo legato alla sua terra, legatissimo alla famiglia che gli è stata accanto fino all'ultimo: una nota ufficiale dell'azienda informa che quando è spirato, nella sua casa di Treviso, Gilberto Benetton era assistito dalla moglie Lalla, la donna della sua vita, dalle figlie Barbara e Sabrina e dal genero Ermanno. Tra le poche persone che non l'hanno abbandonato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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