Addio alla signora Luisa, l'ultima "sentinella" di Gorgona

Morta a 97 anni la Ciotti, era l'unica abitante "civile" dell'isola-carcere, tra detenuti, guardie e vigne

Addio alla signora Luisa, l'ultima "sentinella" di Gorgona
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Piano piano se n'erano andati tutti da Gorgona. Tutti coloro che lo potevano fare. A rimanere era stato solo chi era obbligato: i carcerati, un'ottantina. E i loro carcerieri, non molto più liberi. L'unica civile che non aveva mollato era lei, Luisa Citti, che ha trascorso gli ultimi anni nel piccolo borgo vicino al porticciolo, sola con i suoi gatti e i suoi polizieschi, i numeri telefonici dei parenti scritti in grande su un cartello; la nonna di tutti, guardie e ladri. L'ultima volta che aveva preso il traghetto per tornare sulla terraferma era stato una quindicina di anni fa, per il matrimonio del nipote. Lo riprenderà nei prossimi giorni per essere seppellita. Perché la signora Luisa è morta nel giorno di Natale, all'età di 97 anni.

L'avevo conosciuta qualche anno fa, quando ero stato a Gorgona, l'isola carcere al largo di Livorno, la più piccola dell'arcipelago toscano, con Lamberto Frescobaldi, della storica famiglia dei marchesi del vino toscano che a Gorgona ha riportato la coltura della vite trasformandola, in collaborazione con l'amministrazione penitenziaria, in un'occasione di recupero e integrazione dei detenuti, alcuni dei quali sono chiamati a curare i vigneti con la collaborazione degli enologi dell'azienda. In quell'occasione io e alcuni colleghi, dopo una giornata colma di emozioni, tornando verso il traghetto che ci avrebbe riportato a Livorno ci eravamo imbattuti in questa donna gentile, che ci aveva offerto un caffè e ci aveva raccontato un po' della sua vita, rispondendo con pazienza alle domande che probabilmente si era sentita rivolgere centinaia di volte: «Perché vive da sola qui?». «Non ha paura a condividere l'isola con i detenuti?». «Chi l'aiuta quando ha bisogno di qualcosa?». Lei, felice di poter parlare con qualcuno, mentre noi giravamo lo zucchero nella tazzina ci aveva detto che voleva bene a tutti, che di qualsiasi cosa avesse bisogno c'era sempre qualcuno disposto a darle una mano con il sorriso sulle labbra e che era un bene che il carcere fosse sull'isola, perché l'unico spaccio, alla fine, era quello della casa di reclusione, e anche l'impianto di desalinizzazione. E in fondo se il carcere avesse chiuso perché troppo dispendioso, come sembrava a un certo punto potesse accadere qualche anno fa, anche lei se ne sarebbe dovuta andare, e lei si era autoinflitta il più affettuoso degli ergastoli.

La signora Luisa era originaria di Gorgona, ma non era sempre vissuta sull'isola. La sua famiglia, i Citti, era tra quelle che aveva ripopolato l'isola per volere del granduca di Toscana Leopoldo II, all'inizio dell'Ottocento: i Citti di Lugliano, i Dodoli e i Frascati. Pescatori, contadini. Luisa era di quella razza, tosta, austera. Negli anni Ottanta aveva deciso di lasciare Firenze e di tornare a vivere a Gorgona per abbracciare l'isolamento e il mare.

Accontentandosi dei suoi detenuti, delle guardie carcerarie che passavano ogni tanto a vedere se stava bene, delle poche persone autorizzate due volte a settimana a sbarcare sulla sua isola e che la tenevano in contatto con il resto del mondo.

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