"Adesso il centrodestra sappia riconquistare gli elettori di Lega e Fdi"

Il politologo: «Con l'asse giallorosso il loro disagio aumenterebbe. Questi voti vanno recuperati»

"Adesso il centrodestra sappia riconquistare gli elettori di Lega e Fdi"

La crisi di governo ha portato allo scoperto una profonda frammentazione politica. Non solo appaiono obsolete le coalizioni tradizionali, ma gli stessi grandi partiti sono oggi spezzettati in più anime. Sembra un panorama da prima Repubblica. «Nella prima Repubblica si era costruita nei decenni una grammatica, c'erano delle regole che disciplinavano i conflitti politici. Il tutto all'interno di un quadro internazionale che rappresentava un elemento di stabilizzazione dice Giovanni Orsina, storico, politologo e direttore della Luiss School of Government -. Oggi è il contrario, c'è un quadro internazionale che destabilizza, e non abbiamo più alcun tipo di grammatica per regolare i conflitti politici interni».

A parte la conflittualità inarrestabile, siamo di fronte a continue scelte imprevedibili.

«Abbiamo una forza politica, Il M5S, che ha vinto le elezioni con un programma contro e quando si trova a dover agire pro è capace di dire tutto e il contrario di tutto. Non ha un'identità politica ma un metodo per prendere le decisioni, la democrazia diretta, che per altro con questa crisi è stato totalmente abbandonato. Così finiscono per emergere soprattutto vanità e interessi personali: quando non c'è la politica, restano gli esseri umani. E tutto questo fa del Movimento un robusto elemento di instabilità».

Anche il grande partito della sinistra, il Pd, convive con un conflitto interno senza sosta.

«È un partito da sempre ideologicamente frammentato. E a questo si è aggiunto nel 2013 il fenomeno renziano, cioè il rapporto fra il leader e il partito, con una robusta caratterizzazione populista che si sovrappone ai conflitti ideologici tradizionali. Anche qui, un elemento di destabilizzazione. Dopo che per oltre un anno Renzi ha detto che con i grillini non avrebbe neppure preso un caffè, ecco che all'improvviso è in prima fila per farci un governo assieme. Si prepara alla sepoltura del Pd».

Che cosa lo spinge? Vuole riprendere le redini o fare un nuovo partito?

«Credo che neppure lui lo sappia. Improvviserà come sempre. Se questo governo si farà, lui comunque ne tirerà le fila. Questo è già il governo Renzi 2, di fatto, è lui che lo ha fatto nascere. Quindi potrà utilizzare questa leva per riprendersi il Pd oppure per fare la scissione. Dipende da come evolverà la situazione che appare totalmente imprevedibile».

Parliamo del centrodestra, i cui contorni sono notevolmente mutati in poco più di un anno.

«Dopo M5S e Pd, questo è il terzo elemento di instabilità politica. Il baricentro si è spostato molto verso destra. C'è stato un cambiamento di leadership con un altro riposizionamento della Lega che è diventato partito nazionale».

Si può parlare di attualità del centrodestra oggi?

«In questo momento si può parlare di destra-centro, semmai. Gli equilibri si sono molto spostati. Se dovesse nascere il governo rossogiallo, questo spingerebbe la destra ancora più a destra. Sarebbe un elemento di radicalizzazione. Non so quale spazio vi possa trovare l'opposizione moderata di Berlusconi».

Berlusconi è uscito dalle consultazioni facendo un discorso politico e programmatico, delineando quale sia il perimetro del centrodestra: «Moderno, liberale, credibile e a chiara vocazione atlantica ed europeista». È la strada maestra?

«Più facile l'atlantismo che l'europeismo, che nella storia di Berlusconi è stato più forte. I suoi rapporti con l'Europa non sono sempre stati idilliaci, mentre quelli con gli Usa sono sempre stati strettissimi. Il problema del centrodestra europeista e atlantista è che cosa fare con quel 40% e più dei partiti di Salvini e Meloni. Come lo gestisci? Secondo me, questi voti li puoi recuperare non delegittimando i due partiti ma portandoli al governo e facendo loro comprendere che con l'Europa bisogna negoziare. Oggi, però le cose stanno andando in una direzione diversa».

E quale strada dovrebbe percorrere?

«O aspetti che cambi il vento o hai la forza di farlo cambiare. Oppure ti adatti al nuovo vento, contando sul fatto che gli elettori che votano Salvini e Meloni non sono matti. Non sono mica diventati fascisti e no euro dalla sera alla mattina, esprimono soltanto un fortissimo disagio nei confronti di quest'Europa».

E se la crisi non si dovesse risolvere e si aprisse la via delle urne, i partiti del centrodestra tornerebbero a essere una coalizione solida?

«L'unica posizione possibile, a mio avviso, è quella di dire che noi con l'Europa dobbiamo negoziare duramente ma che alla fine bisogna trovare un accordo e non rompere. Mi rendo conto però che non è un atteggiamento da campagna elettorale. Salvini, per altro, sembra preferire la solitudine, non pare gradire troppo vincoli o alleati».

Potrebbe nascere un altro polo moderato?

«Quest'idea del polo centrista con Renzi deve ancora maturare, oggi quello spazio non c'è. Renzi, infatti, oggi è disposto a tutto pur di non andare alle urne».

Quindi nel centrodestra governerà la destra.

«Ho l'impressione che nel Paese ci sia una rabbia che non si assorbirà tanto facilmente.

L'elettorato italiano è volubile, però si sposta con una certa logica. Lega e M5S sono partiti antisistema che hanno cominciato a montare con il governo Monti, cioè sette anni fa. E in questi sette anni la protesta non si è sgonfiata».

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