Più di nove milioni di non vaccinati mettono a rischio il ritorno alla normalità. Il vaccino è un valido baluardo sia contro la diffusione del contagio sia contro il rischio di decessi e ospedalizzazioni ma non basta. È l'analisi dell'ultimo rapporto Gimbe sull'andamento della pandemia nella settimana 8-14 settembre 2021. Tutti gli indicatori stanno regredendo: la pandemia rallenta. In calo ricoveri e terapie intensive ma l'incognita rispetto a quello che potrebbe accadere in autunno con l'arrivo dell'influenza stagionale è rappresentata dai cosiddetti esitanti, troppi sopratutto fra gli over 50, oltre 3 milioni. Eppure ribadisce Gimbe i dati confermano che il vaccino evita i decessi, meno 96,3%; i ricoveri ordinari, meno 93,4; e quelli in terapia intensiva, meno 95,7. «Nei soggetti vaccinati con ciclo completo, rispetto ai non vaccinati, le diagnosi si riducono del 77,8-80,7%; i ricoveri ordinari dell'88,8-95,6%, quelli in terapia intensiva del 92,5-97,4% e i decessi del 93,4-100%», ribadisce il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.
La profilassi, come sempre dichiarato dagli esperti, non protegge completamente dall'infezione e l'efficacia rispetto al contagio è in calo: dall'88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 77,3% (periodo 4 aprile-5 settembre). Interessante notare come questo dato sia inversamente proporzionale all'età: nella fascia 12-39 anni l'efficacia precipita al 67,2% anche se ora appare in risalita. «Durante il periodo estivo tra i più giovani deve aver influito l'incremento dei contatti sociali e la minore attenzione ai comportamenti individuali, fondamentali per prevenire il contagio anche nelle persone vaccinate», riflette Cartabellotta.
Nel confronto con la settimana precedente sono in calo i nuovi casi (33.712 contro 39.511), i decessi (389 contro 417), i casi attualmente positivi (122.340 rispetto ai 133.787), le persone in isolamento domiciliare (117.621 contro 128.917), i ricoveri con sintomi (4.165 mentre erano 4.307) e le terapie intensive (554 da 563). Quindi anche un meno 6,7 di decessi, meno 1,6 di ricoveri in intensiva. E in tutta Italia soltanto due province contano oltre 150 casi per 100.000 abitanti: Siracusa (178) e Messina (168).
Scendono anche gli indicatori ospedalieri che sono ora quelli che pesano di più per il passaggio ad una zona di rischio più alta «dopo 8 settimane di aumento si registra una lieve riduzione dei posti letto occupati da pazienti Covid, che scendono del 3,3% in area medica e dell'1,6% in terapia intensiva», sottolinea Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari di Gimbe.
I tassi di occupazione però variano molto tra regioni. In media siamo al 7% in area medica e 6% in area critica ma in area medica Sicilia (21%) e Calabria (17%) sfondano il tetto di allarme del 15% mentre per l'area critica sopra la soglia del 10% Marche (13%), Sicilia (11%) e Sardegna (11%).
Nel mirino dei ricercatori finiscono politici ed opinionisti che sostengono che non si siano messe a punto terapie domiciliari efficaci mentre ci sarebbero a disposizione farmaci e rimedi ad hoc. «In questo contesto, è inaccettabile la presa di posizione di personaggi pubblici, medici e politici, che alimentano la disinformazione mettendo a rischio la salute delle persone indecise, che rifiutano vaccini efficaci e sicuri confidando in protocolli di terapia domiciliare non autorizzati o addirittura in farmaci dannosi e controindicati», denuncia la Fondazione alludendo ad un convegno tenuto nei giorni scorsi al Senato con la benedizione della Lega.
Condanna condivisa dal Patto Trasversale per la Scienza e l'Associazione Biotecnologi Italiani: «Le cure domiciliari, serie, in Italia esistono e sono quelle regolamentate e basate su evidenze scientifiche», tagliano corto gli scienziati.
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