Aggravanti da ergastolo per l'assassino di Giulia

Impagnatiello va a giudizio immediato. Ha ucciso la compagna incinta, furiosa per i suoi tradimenti

Aggravanti da ergastolo per l'assassino di Giulia
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Crudeltà, premeditazione, futili motivi e convivenza con la vittima. Quattro aggravanti per l'omicidio che porterebbero, se confermate, all'ergastolo. Con la richiesta di rito immediato per omicidio pluriaggravato, non ci sono ormai più dubbi che Alessandro Impagnatiello dovrà presto presentarsi in corte d'Assise, rischiando anche il carcere a vita, per il delitto di Giulia Tramontano (nella foto), la compagna di 29 anni uccisa incinta al settimo mese a Senago, nel milanese. La pm Alessia Menegazzo e l'aggiunta Maria Letizia Mannella hanno nelle scorse ore firmato la richiesta di giudizio immediato, che è ora sul tavolo del gip. Il quadro del delitto, ricostruito nel dettaglio dai carabinieri della squadra omicidi del nucleo investigativo di Milano, è chiarissimo. E ha consentito di formulare altre due accuse: occultamento di cadavere (il corpo della ragazza fu prima bruciato, poi nascosto nel box del loro appartamento e infine avvolto nel cellophane e abbandonato in una intercapedine), nonché procurato aborto.

Un omicidio avvenuto per futili motivi, è l'ipotesi delle pm: Impagnatiello non avrebbe tollerato la reazione di Giulia che aveva scoperto i suoi tradimenti con una collega barista di un noto locale del centro. Le due giovani si erano confrontate il pomeriggio del 27 maggio poche ore prima dell'omicidio: la 29enne, che già sospettava che il compagno avesse una relazione, aveva avuto conferma proprio dall'amante di lui e, furibonda, si era presentata a casa per chiarire con il compagno. Che poi l'ha uccisa a coltellate. È stato il veleno ritrovato nello zaino di Impagnatiello (due pastiglie di topicida) assieme a specifiche ricerche sul web a fornire alla procura gli elementi per formulare l'accusa di omicidio premeditato (l'aggravante era stata inizialmente respinta dal gip).

La procura ipotizza che Impagnatiello provasse ad avvelenarla da mesi, basandosi sull'informativa dei carabinieri che ha messo in luce le ricerche web. «Quanto veleno serve per uccidere una persona», ha digitato il barman il 7 gennaio, oltre quattro mesi prima dell'omicidio. Anche a marzo 2023 Impagnatiello aveva ricevuto a casa un pacco con del cloroformio. E a dicembre 2022, cioè poco dopo avere scoperto di aspettare un bambino, la donna si era lamentata con la madre dell'acqua che sapeva «terribilmente» di ammoniaca.

Sulla contestazione della crudeltà ha influito l'esito della autopsia da cui è emerso che il killer si starebbe accanito sul cadavere: 37 coltellate, non al feto ma al collo e alla schiena, tra le scapole. La famiglia della vittima, rappresentata dall'avvocato Giovanni Cacciapuoti, si costituirà parte civile così come il comune di Senago, con l'avvocato ed ex pm Antonio Ingroia.

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