«Questo è il primo governo che si occupa seriamente di carceri. Nel 2015 ci fu un richiamo da parte del Papa che ebbe come risposta un assordante silenzio da parte dei governi di sinistra: noi, sul monito di Papa Francesco, invece rifletteremo ed agiremo»: parola di Francesco Paolo Sisto. A ventiquattr'ore dalla visita di Bergoglio nel carcere di Rebibbia è il viceministro della Giustizia a raccogliere dall'interno del governo il grido di dolore lanciato dal Papa aprendo la seconda «porta santa» del Giubileo. Un solo distinguo, ma rilevante, dalle richieste del Pontefice: di amnistia non si parla.
Per il resto, Sisto ricorda come «già abbiamo licenziato alcuni provvedimenti utili, prevedendo interventi a favore dei detenuti tossicodipendenti», «ora è necessario un new deal su limitazione della carcerazione preventiva, incremento delle pene alternative, aumento dei giudici di sorveglianza». Su questo, assicura Sisto, le parole del Papa non resteranno inascoltate. Ma nessuno «svuotacarceri»: «la pena deve tendere alla rieducazione, e amnistia e indulto non sono certo provvedimenti a tanto finalizzati». E la speranza, che Bergoglio ha invitato i carcerati a non perdere? «Per restituire speranza ai detenuti è necessario intervenire sul trattamento: lavoro, sport, cultura sono componenti che consentono a chi ha sbagliato di capire che si può e si deve ripartire. Il tutto in un contesto in cui la privazione della libertà non fa mai venire meno la dignità».
Le dichiarazioni del viceministro azzurro, rese ieri sera a Tagadà, su La7, raccontano come nella componente più garantista del governo i temi sollevati da Bergoglio siano ben presenti in agenda (come aveva assicurato a botta calda il vicepremier Antonio Tajani, «il Papa impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri»). Mentre sia Lega che Fratelli d'Italia continuano a essere più freddi: «quando parla il Santo Padre lo fa partendo da una cattedra che è quella della dottrina cattolica», puntualizza Marco Osnato di Fratelli d'Italia, mentre al leghista Roberto Vannacci, secondo cui Bergoglio aveva «visitato persone che hanno derubato, rapinato, ferito, violentato, abusato, ucciso» fa eco ieri il collega di partito Jacopo Morrone, deputato del dipartimento Giustizia, «non ci si stupisce del Pontefice che chiede di spalancare le porte del cuore e parla di speranza rivolgendosi ai soli detenuti»: mentre nessuno «si occupa delle vittime dei reati, persone non considerate quando non del tutto abbandonate, che hanno subito crimini spesso orribili e gravissimi».
Sull'altro versante, come si può immaginare, reazioni di applauso a scena aperta a Francesco, che per la sinistra ha messo il dito sulla piaga: il sovraffollamento, il degrado, la piaga dei suicidi. Per Ilaria Cucchi, deputata di Avs, il Papa «ha squarciato il velo del silenzio» su una realtà dove «i suicidi sono all'ordine del giorno e continuano ad aumentare nell'indifferenza del ministro e del governo», mentre per il pd Walter Verini nel governo «prevale soltanto una linea carcerocentrica e vendicativa, contraria al recupero e al reinserimento sociale».
E il senatore dem Filippo Sensi chiede che Bergoglio sia invitato in aula a perorare e ottenere il varo dell'amnistia: «Credo che il Parlamento dovrebbe tornare a invitare il Santo Padre in questo anno giubilare a parlare in aula delle carceri, perché le Camere possano agire di conseguenza con un atteso, indifferibile, umano provvedimento di clemenza».
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