La Alan Kurdi diretta a Malta: "Ci serve un porto sicuro"

Sulla nave dalla Ong comincia a scarseggiare il cibo Il ministro Salvini esulta: «Primo storico dietrofront»

La Alan Kurdi diretta a Malta: "Ci serve un porto sicuro"

La nave Alan Kurdi si dirige verso Malta e Salvini esulta: «Primo storico dietrofront di una nave Ong dalle acque italiane: volere è potere, prima gli italiani», ha scritto il vicepremier su Facebook. Dopo il divieto imposto dal Viminale a entrare nelle acque territoriali, l'imbarcazione della tedesca Sea Eye ha virato verso La Valletta, nella speranza di avere un posto sicuro. Idea, probabilmente utopica, visto che neanche i maltesi avrebbero l'intenzione di concedere lo sbarco, ma di mantenere la linea di dirottare la nave verso Amburgo, visto che batte bandiera tedesca. La decisione dell'equipaggio della Alan Kurdi era arrivato dopo il no del nostro Paese a far sbarcare anche i mariti delle donne e dei bambini ai quali era stato concesso di poter scendere a Lampedusa. «Non è giusto dividere le famiglie», avevano detto. L'attesa era durata un giorno, a una distanza di 15 miglia dall'isola. Ieri, «sfruttando una breve finestra meteo positiva», il natante si è diretto verso La Valletta. Anche perché a bordo comincia a scarseggiare il cibo.

Duro l'attacco di Sea Eye: «Salvini non ha umiliato solo i naufraghi, ma sfrutta tutto e tutti per ottenere il massimo vantaggio possibile da questa situazione». Ecco perché «temendo che non fosse possibile raggiungere una soluzione a breve, l'organizzazione ha scelto di fare rotta su Malta, sperando di poter trovare rapidamente una soluzione umana e che tuteli le persone soccorse». Sulla questione la procura di Agrigento ha aperto un fascicolo, dopo che un'altra Ong, la Mediterranea, ha presentato un esposto, firmato anche, tra gli altri, da Cecilia Strada e da Arci, con cui si denuncia un comportamento del governo che sarebbe considerato «scorretto». Peraltro, a Roma è iniziata l'assemblea generale della Organizzazione non governativa che ora sta cercando di reclutare volontari per organizzare una nuova missione di recupero migranti. Assemblea a cui partecipano anche altre Ong.

Il braccio di ferro tra le navi del soccorso non è solo con l'Italia, ma anche con la Libia. La Guardia costiera di Tripoli, da giorni, parla di «rapporti tra le Ong e i trafficanti di esseri umani» e chiede alla comunità internazionale di intervenire per impedire a queste navi di vanificare il loro lavoro in acque Sar di competenza libica.

Peraltro, le procure siciliane starebbero indagando proprio sul fatto che i barconi prenderebbero la via del mare soltanto quando nelle immediate vicinanze del luoghi di partenza si troverebbero i volontari del soccorso. Un dato di fatto, rilevabile incrociando le posizioni delle imbarcazioni delle Ong in mare con quelli delle zone di recupero dei migranti.

Nonostante la zona Sar della Libia sia formalmente riconosciuta, c'è ancora chi ha interesse a negarlo, come Sea Watch, che su Twitter scrive: «La Sar libica non esiste, cara Guardia Costiera, è una corrotta finzione diplomatica al servizio delle peggiori ipocrisie dell'Eu. Ogni limite ha una pazienza, diceva Totò, ma è davvero saltato ogni limite».

Da capire su quali basi neghino l'evidenza.

Salvini, da Genova, ha ribadito: «L'Italia difende i suoi confini.

Mi piacerebbe che tutti i ministri avessero la stessa concretezza sbloccando cantieri, facendo ripartire opere pubbliche. Se invece di polemizzare si lavorasse di più, si sbloccassero i cantieri fermi, l'Italia sarebbe un Paese migliore».

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