Tutto e il contrario di tutto. Il ministro Di Maio ci ha abituati ai «coup de theatre» ma l'ultimo che è andato in onda sembra piuttosto il finale di un
«thriller» alla Hitchcock. Nella lettera appena spedita dal governo all'Unione Europea per cercare di evitare la preannunciata bocciatura sulla manovra, l'esecutivo gialloverde, per fare cassa, ha, infatti, deciso in «zona Cesarini» di procedere nel 2019 a un piano di privatizzazioni a tappeto per la «modica» cifra di 18 miliardi di euro, pari all'uno per cento del Pil. Intendiamoci, secondo Di Maio non c'è nulla di trascendentale nel piano di dismissioni: non andrebbero all'asta i gioielli di famiglia, ma si procederebbe solo alle dismissioni di immobili e di beni secondari pubblici. Qualcuno, tanto per cominciare, ci dovrà spiegare come si potrà raggiungere il «tetto» prefissato: sarebbe stato sufficiente rivedere con attenzione quanto l'Italia SpA ha incassato negli ultimi anni per rendersi conto che l'obiettivo è praticamente impossibile in soli 12 mesi. Dal 2010 al 2017 lo Stato ha, infatti, racimolato qualcosa come 8,7 miliardi dalle privatizzazioni e, negli ultimi tre anni, sono entrati in casa solo due miliardi e mezzo. Resta, quindi, davvero un mistero il traguardo dei 18 miliardi senza neppure mettere in vendita l'argenteria di casa. Ma al di là del nuovo specchietto per le allodole europee, sconcerta l'atteggiamento un po' schizofrenico del governo. Poche settimane fa, lo stesso Di Maio ci aveva, infatti, detto una cosa che contrasta con l'ultima lettera sulla manovra inviata a Bruxelles: la possibilità di un ingresso in grande stile nel capitale di Alitalia delle Ferrovie dello Stato. L'operazione avrebbe coinvolto il ministero dell'Economia (con Tria che è, invece, caduto dal pero) e con la Cassa Depositi e Prestiti, in modo da poter avere il biglietto unico treno+aereo con la modica spesa per le casse pubbliche di altri due miliardi di euro. L'idea poteva anche essere suggestiva, ma il ministro avrebbe dovuto documentarsi meglio per il semplice motivo che già in passato l'ex ad delle Ferrovie, Mauro Moretti, aveva studiato l'ipotesi di fusione e aveva scartato il progetto ritenendolo poco conveniente.
Non solo: nei giorni scorsi la tedesca Lufthansa ha dato la sua disponibilità ad entrare nel capitale azionario della nostra compagnia a patto che le Ferrovie se ne stiano fuori. E, allora, è perfettamente inutile fare voli pindarici: di cosa stiamo parlando?
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