Alpini, cadono le accuse di molestie

La pm chiede l'archiviazione: una sola denuncia e tre responsabili rimasti ignoti

Alpini, cadono le accuse di molestie

Sulle accuse sessiste e maschiliste mosse agli alpini potrebbe calare il silenzio.

Il botta e risposta tra Penne Nere e associazioni femministe e il polverone di polemiche che per giorni aveva accompagnato il raduno a Rimini delle truppe da montagna specializzate dell'Esercito Italiano, si avvia a diventare solo un ricordo. La Procura della città romagnola ha chiesto infatti l'archiviazione dell'indagine sulle molestie denunciate da una 25enne durante l'adunata Nazionale, che si era svolta dal 5 all'8 maggio. Il procuratore capo, Elisabetta Melotti, ha tenuto a sottolineare che, dopo tanto clamore, c'era stata solo una denuncia formalizzata. Alla base della decisione del pm, ci sarebbe la non identificazione, a due mesi dai fatti, dei presunti autori. Una identificazione resa difficile sia per la presenza numerosa di persone nello stesso luogo, sia per la copertura solo parziale delle telecamere di sorveglianza.

La giovane aveva raccontato non solo ai carabinieri, ma anche sui social e davanti alle telecamere di essere stata seguita, accerchiata e strattonata da tre alpini di mezza età in piazzale Kennedy, che avrebbero fatto espliciti riferimenti sessuali. Uno di loro l'avrebbe afferrata per un braccio. Dopo la segnalazione si era scatenato i finimondo, perché decine di ragazze e donne avevano evidenziato che gli alpini avevano esagerato con frasi volgari, allusioni a sfondo sessuale, commenti espliciti, palpeggiamenti e a volte strattonamenti anche solo per cercare di rubare un bacio. Non solo canti e birra, quindi.

L'appello della 25enne era stato raccolto dall'associazione «Non una di meno» di Rimini, che aveva messo insieme un dossier con segnalazioni di episodi simili avvenuti durante l'adunata aveva portato in Riviera 90mila alpini. Ed erano usciti fuori episodi vecchi anche dieci anni. Un vaso di pandora dove erano confluite segnalazioni di molestie anche da parte di donne che lavoravano nell'ambito dell'ospitalità e della ristorazione e avevano dovuto fare i conti con palpeggiamenti e commenti squallidi.

Ma solo un caso era arrivato in Procura. Secondo l'accusa, però, la vittima non sarebbe stata in grado di riferire particolari utili all'identificazione degli autori delle molestie e tantomeno l'amica, unica testimone oculare. Ora sulla richiesta di archiviazione del fascicolo aperto per il reato di molestie si pronuncerà il Gip.

«Con grande amarezza dico che invece di generalizzare su un'intera associazione, che ha dimostrato in tutti questi anni i suoi valori e i suoi ideali - dichiara Sebastiano Favero, presidente nazionale dell'Associazione Nazionale Alpini - bisognerebbe essere più cauti. Invece si sparano sentenze senza avere alcuna prova e poi non si ha neanche il coraggio di chiedere scusa». Sulla stessa linea Luca Barisonzi, in sedia a rotelle dopo essere stato ferito in missione in Afghanistan durante un attacco terroristico: «Non bisogna mai generalizzare, se c'è qualche responsabile è giusto che paghi, ma non si può gettare discredito su tutti gli alpini con quello che hanno fatto per il nostro Paese». La notizia della richiesta di archiviazione non meraviglia l'associazione «Non una di meno». «Volevamo da parte degli alpini un'autocritica e non c'è stata - ha spiegato l'attivista Paola Calcagno- .

Ora, anzi, sono loro che vogliono le nostre scuse e ci attaccano, insultandoci e minacciandoci. Ora stiamo verificando se con la documentazione e le testimonianze necessarie che stiamo raccogliendo possiamo presentare un esposto in procura e se ci sono le condizioni per una denuncia».

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