Altri quattro tunisini tornano in libertà. La giudice Apostolico continua a svuotare i centri d'accoglienza

Iolanda Apostolico raddoppia e rilancia. La giudice catanese resa nota in Italia (e fuori) dalle sue sentenze a favore dei migranti, ieri deposita altri quattro provvedimenti che bocciano il trattenimento nei Cpr di altrettanti profughi

Altri quattro tunisini tornano in libertà. La giudice Apostolico continua a svuotare i centri d'accoglienza
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Iolanda Apostolico raddoppia e rilancia. La giudice catanese resa nota in Italia (e fuori) dalle sue sentenze a favore dei migranti, ieri deposita altri quattro provvedimenti che bocciano il trattenimento nei Cpr di altrettanti profughi arrivati nell'hotspot di Pozzallo. Da ieri, i quattro - tutti tunisini, tra i diciotto e i trentasette anni - sono fuori, e potranno aspettare a piede libero, dove meglio vorranno, la risposta italiana alla loro richiesta di asilo. Non è stato, però, solo un copia-e-incolla delle decisioni assunte il 30 settembre dallo stesso giudice. Molti, anche dalla sua parte, avevano notato che quelle prime scarcerazioni erano deboli, motivate poco e male, e a rischio di venire annullate dalla Cassazione dopo il ricorso del ministero dell'Interno.

Il ministro Matteo Piantedosi ha annunciato che farà ricorso anche contro i nuovi decreti della Apostolico, ma la partita sarà diversa. Perché nei quattro decreti di ieri - uguali tra loro - la giudice entra nel dettaglio, si appoggia su una lunga serie di direttive europee e solo alla fine giunge alla conclusione: trattenimento immotivato, tutti fuori.

La Apostolico in realtà sa di avere un problema anche con le direttive comunitarie, perché una di esse dice testualmente che il richiedente può essere trattenuto «se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive», e proprio su questo si è basato il questore di Ragusa per trattenere i quattro, ritenendo che se fossero stati liberati sarebbero spariti. Per la Apostolico non poteva esserci questa certezza: «Non può esserci collegamento automatico tra la mancanza di documenti e di risorse economiche e l'intento di rendersi irreperibile e sottrarsi agli effetti dell'eventuale rigetto della domanda», scrive nei decreti.

Anche su questo punto si incentreranno i nuovi ricorsi annunciati da Piantedosi. Nel suo carniere l'avvocatura dello Stato ha anche i profili dei quattro tunisini, stilati al momento della loro domanda di «protezione internazionale», e che dipingono situazioni di provenienza meno drammatiche di come le vorrebbe invece la legge per concedere la protezione: soprattutto se i richiedenti arrivano da un paese classificato «sicuro» come la Tunisia (una definizione che, a differenza di quanto ha fatto nei giorni scorsi il tribunale di Firenze, la Apostolico non ha messo in discussione né nei primi decreti né nei quattro di ieri).

Tra le circostanze che metterebbero a rischio la sua vita in Tunisia il primo richiedente indica «problemi familiari», scaturiti dal suo dissenso nei confronti della madre che ha deciso di sposarsi; il secondo cita difficoltà economiche, scaturite dalla impossibilità di pagare un vecchio debito, che renderebbero impossibile mantenere la famiglia; anche nel terzo caso la necessità di lasciare la Tunisia viene spiegata dal profugo con guai familiari, ossia con le minacce ricevute da un tale che voleva sposare sua sorella; guai di casa anche per il quarto, che denuncia di avere problemi con alcuni cugini dovuti a questioni di lavoro.

Si tratta, secondo il ministero, di problematiche comuni nella vita di molte persone, e che non giustificano in alcun modo la richiesta di protezione internazionale, soprattutto da parte di cittadini di un paese ritenuto sicuro. Ma la Apostolico non devia da quella che è ormai la linea dell'intero tribunale di Catania e di altri tribunali, per effetto di quella che ieri il presidente del Senato Ignazio La Russa definisce «contaminazione culturale». Il provvedimento della Apostolico era «abnorme», dice La Russa, e «se un magistrato sbaglia non può essere esente da critiche».

Quanto al video che ritrae la giudice in prima fila in un corteo antigovernativo, diffuso tra mille polemiche, La Russa non ha dubbi: «Salvini trova un filmato in cui la signora è vicina a quelli che gridano poliziotti assassini. Perché non doveva tirarlo fuori?».

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