L'americana Boeing torna nell'occhio del ciclone per un nuovo incidente aereo che ieri, in Indonesia, ha provocato 62 vittime. Questa volta non è il famigerato modello «737 Max» a finire sul banco degli imputati, ma il meno recente «737-500», un modello prodotto 25 anni fa e che nella sua storia vanta il terribile record di 9 incidenti costati la vita a circa 350 persone. La tragedia si è consumata ieri alle 14.40 (le 8.40 in Italia) a Giacarta, quando la torre di controllo dell'aeroporto Soekarno-Hatta ha perso il contatto con il volo SJ182 della Sriwijaya Air diretto a Pontianak. L'aereo era decollato appena 4 minuti prima, ma il cedimento di uno dei due motori non ha consentito al velivolo di raggiungere quota. L'aereo è così precipitato rapidamente da 3 km di altezza in meno di un minuto, terminando il suo sfortunato e breve viaggio nelle acque del Mare di Giava, a pochissimi chilometri dalla costa. Sono stati i pescatori della zona i primi a dare l'allarme, parlando di un aereo che lasciava una scia di fumo nero e dell'impatto, con esplosione, in mare.
I soccorsi si sono rivelati inutili: a bordo, secondo quanto riferito dal ministro dei Trasporti Budi Karya Sumadi c'erano 56 passeggeri (tutti indonesiani), tra cui 9 bambini, un neonato, oltre a 6 membri dell'equipaggio. Resti del velivolo, spezzatosi probabilmente per l'impatto, e resti umani sono stati avvistati dai soccorritori. Le riprese televisive hanno mostrato parenti e amici di persone a bordo dell'aereo che piangevano, pregavano e si abbracciavano mentre aspettavano all'aeroporto di Giacarta e a quello di Pontianak. Sulla vicenda è intervenuto in serata Dave Calhoun, nuovo Ceo della Boeing, parlando di «affidabilità degli aerei» e ricordando che «sarà la scatola nera a stabilire che cosa sia realmente accaduto. Forniamo velivoli ad altissimo indice di sicurezza, l'augurio è che la Sriwijaya Air abbia effettuato tutte le manutenzioni del caso in questi anni». Accuse respinte dalla compagnia che tesse le lodi del comandante del volo, il capitano Haji Afwan, «pilota di caccia e uomo preparato e scrupoloso». Il colosso di Chicago si pone sulla difensiva, dopo aver indennizzato con oltre 2,5 miliardi di dollari i parenti delle vittime del doppio disastro aereo in Indonesia (29 ottobre 2018) ed Etiopia (10 marzo 2019) che provocò la morte di 346 persone, tra di loro anche nove italiani. In entrambe le circostanze a precipitare fu il modello «737 Max8», il cui software (mal funzionante) era stato sviluppato e testato da lavoratori temporanei di Paesi in cui manca un'industria aerospaziale all'avanguardia (come l'India). Una politica aziendale dettata dall'ex Ceo Dennis Muilenburg (poi silurato) che per tagliare i costi aveva licenziato parecchi programmatori esperti, facendo anche pressione sui fornitori perché a loro volta dimezzassero le spese. Soltanto lo scorso novembre i «737Max8» erano tornati a volare, ma già il 26 dicembre un modello della compagnia Air Canada, in volo dall'Arizona a Montreal con tre membri dell'equipaggio a bordo, aveva avuto un problema al motore e il velivolo era atterrato in emergenza a Tucson.
Come accennato il «737-500» si è lasciato alle spalle dal 1993 a oggi ben 9 incidenti.
Il più grave risale al 14 settembre 2008, quando un velivolo della compagnia di bandiera russa Aeroflot precipitò nella regione montagnosa degli Urali provocando la morte di tutte le 88 persone a bordo, fra le quali un imprenditore italiano, Tommaso Martinazzo, 51enne, originario di Treviso.
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