Occhi puntati verso l'alto per intercettare la caduta del razzo Lunga Marcia 5B, lanciato dai cinesi il 24 luglio dalla base spaziale di Wenchang, presso l'isola di Hainan. Il 30 luglio è previsto il rientro, ma è impossibile al momento declinare ora e luogo dell'impatto. Un gigante spaziale alto 18 metri e pesante 25 tonnellate, destinato a raggiungere la stazione orbitale cinese. Trasporta il secondo modulo della Tiangong (questo il nome della futura base), undici missioni fra il 2021 e il 2023 per completare l'opera e rafforzare il lavoro della ISS (Stazione spaziale internazionale). C'è però, come è già accaduto nel 2020 e nel 2021, il problema del rientro del veicolo spaziale; che avviene in modo incontrollato. Non si vogliono sollevare inutili allarmismi, ma il mondo dell'ingegneria spaziale insorge, puntualizzando il rischio globale di vedersi cadere in testa da un momento all'altro frammenti di un razzo lanciato da Pechino. Si è tenuto, ieri mattina, nella sede del Dipartimento della Protezione Civile il primo incontro del tavolo tecnico per capire che rischi corre il nostro Paese (tre orbite possibili coinvolgono il Sud). Problema di oggi, e di tutte le future azioni spaziali dell'impero del Dragone; e in generale dell'incredibile massa di detriti che ruota intorno alla Terra dal 1958, anno di lancio del primo satellite Usa. Interpellato a riguardo, Bill Nelson, amministratore della Nasa, ha detto chiaramente che «la Cina non sta rispettando gli standard di responsibilità per quanto riguarda i detriti spaziali». Di solito i razzi per le manovre spaziali sono composti da due stadi distinti. Il primo serve a garantire il decollo del materiale da lanciare in orbita; il secondo è quello destinato a raggiungere la meta. Il primo stadio, di solito, viene guidato alla caduta in mare aperto, scongiurando qualunque pericolo. E si tratta quasi sempre di oggetti molto piccoli. Nel caso del Lunga Marcia 5B la situazione è più complessa. Un lanciatore pesante, capace di trasportare fino a 20mila chilogrammi di materiale, ma composto da un solo stadio e da un'ogiva tale da ospitare senza problemi i grossi moduli della stazione cinese. Non si era mai presentata un'emergenza simile. Al termine dell'operazione il razzo rimarrà in orbita a circa 350 km dalla superficie terrestre. Le dinamiche gravitazionali lo faranno precipitare, dove e quando non si sa, perché non c'è possibilità di riattivare i motori. Peraltro, per via delle grandi dimensioni del lanciatore, la fisica vacilla, non si è in grado di calcolare la sezione d'urto con l'atmosfera, né la rotazione del mezzo; parametri indispensabili per comprendere la traiettoria di un corpo sparato nello spazio.
«È fondamentale che la Cina, come tutte le nazioni impegnate nei viaggi spaziali, agiscano in modo responsabile e trasparente», va avanti Nelson, «per garantire la sicurezza, la stabilità e la sostenibilità a lungo termine delle attività astronomiche». Certezze? Poche, ma si possono fare previsioni. Al momento il punto di impatto dovrebbe riguardare l'area geografica dell'Oceano Pacifico settentrionale. Nessun pericolo per città e paesi. Come nel 2020, coinvolto l'Oceano al largo della coste occidentali dell'Africa; e nel 2021, quello Indiano. Parte della struttura spaziale, per via dell'attrito atmosferico, brucerà, ma destano preoccupazione una decina di tonnellate di detriti che potrebbero raggiungere il suolo. Timore che si ripresenterà in occasione del futuro lancio del terzo modulo necessario all'avvio della stazione spaziale.
Percentuali di impatto in una zona densamente abitata? Comunque e per fortuna molto basse. Nel 2021, durante il rientro del Lunga Marcia 5B, furono dello 0,000000005%, vale a dire 1 su 169,8 milioni. Basterà ad assicurarci sogni tranquilli?
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