Altro flop alle urne Di Maio è rimasto solo e ora rischia il posto

Il leader M5s vacilla: Casaleggio si smarca, Grillo fugge e Spadafora lo tradisce con Fico

Altro flop alle urne Di Maio è rimasto solo e ora rischia il posto

Luigi Di Maio resterà (almeno fino alle Europee) il capo politico del M5s. Ma è un leader solo e debole. Solo, perché si è spezzato il cordone di sicurezza che l'ha protetto nell'ascesa al vertice dei Cinque stelle. Debole politicamente, perché alla prova del governo, i grillini hanno fallito quasi tutti gli obiettivi elettorali, prima l'Abruzzo e adesso la Sardegna. Fallimento certificato anche nei sondaggi - oltre che in queste due prime tappe nelle Regioni - che danno il M5s in caduta libera. Con la nave pentastellata che affonda, tutti i padri nobili saltano su una scialuppa di salvataggio, lasciando il capitano Di Maio andare verso il naufragio.

Il primo a defilarsi, assumendo una posizione critica rispetto alla linea politica del vicepremier, è stato Beppe Grillo: il garante dei Cinque stelle, il megafono delle battaglie anti-casta, di recente, incontrando i giornalisti a Roma, ha fatto chiaramente intendere che le responsabilità della deriva del M5s siano da attribuire solo ed unicamente a Di Maio: «Io sono una figura del garante, quella del padre ma, ormai le scelte politiche le vedono altre persone». Messaggio che ricalca il pensiero di Davide Casaleggio, che ieri nell'intervista al Fatto Quotidiano, si è smarcato dall'annuncio del capo politico dei Cinque stelle sull'ipotesi di accordi con liste civiche a livello locale: «Chiedetelo a Di Maio». Un doppio colpo che mette il ministro del Lavoro e Sviluppo economico con le spalle al muro. Ma soprattutto lo pone in una condizione di solitudine politica. La strategia è chiara: lasciare la patata bollente (del fallimento) nelle mani del leader di Pomigliano d'Arco. Mentre Grillo già pianifica la fuga.

Luigi Bisignani, esperto di retroscena e scenari politici, in un articolo su Il Tempo sgancia la bomba: «Dopo le Europee Grillo lascerà il Movimento 5 stelle». Casaleggio jr resterà ma sarà sempre più in dissenso con le scelte del capo politico. A cominciare dalla riorganizzazione, voluta da Di Maio, che prevede lo stop al limite del doppio mandato per deputati e senatori e l'apertura alle esperienze civiche. Il figlio del fondatore dei Cinque stelle, quasi a stroncare sul nascere la volontà del capo politico di dare più peso ai parlamentari, sposta il ragionamento sui consiglieri comunali: «Devono essere più valorizzati i consiglieri comunali e anche quelli municipali. Bisognerebbe dare più spazio alle loro battaglie. È importante perché hanno uno stipendio troppo basso. In qualche modo dovrebbe essere aumentato il loro stipendio e diminuito quello degli altri. A partire dalla riduzione di quello dei parlamentari e dei consiglieri regionali, come già fanno i 5 stelle». Vincenzo Spadafora è il terzo pezzo del cordone di sicurezza che si è staccato: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, vero spin doctor del vicepremier, ha ormai stretto un patto con il presidente della Camera Roberto Fico. Di Maio l'ha sostituito, con risultati deludenti fino ad oggi, con il senatore Gianluigi Paragone. Spadafora ha invece costruito in questi otto mesi un rapporto solido con il presidente della Camera. Fico e Spadafora hanno un piano in mente. Che per ora non prevede la defenestrazione di Di Maio ma punta a condurre il M5s in un'alleanza politica di centrosinistra. Svanito il sogno dell'autosufficienza, ai Cinque stelle non restano che due strade: destra o sinistra. Si comincia dalle elezioni locali, ma l'obiettivo è incastrare il Movimento in una coalizione nazionale con il Pd.

Fico lavora con l'universo dell'estrema sinistra, dialogando con tutte le sigle, da Leu al sindaco di Napoli Luigi de Magistris. Spadafora ha aperto un canale di trattativa con la truppa zingarettiana del Pd, Verdi e Francesco Rutelli. È la terza mossa per imbrigliare definitamente Di Maio.

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