Il governo di Parigi si prepara alla stretta sui social network, se dovessero esplodere nuove rivolte in Francia, e a una campagna diretta ai genitori, con volantini per spiegare quali sono i loro «obblighi». La situazione «sta tornando progressivamente alla normalità», ha detto la prima ministra Elizabeth Borne, nella notte di martedì ci sono stati appena 16 fermi, ma c'è il timore che le banlieue possano infiammarsi nuovamente dopo la notizia di un giovane di 27 anni morto fra sabato e domenica, a Marsiglia, per il probabile «choc violento a livello del torace» causato da un proiettile di «tipo flash-ball», usato dalla polizia. «Non è possibile determinare se la vittima partecipasse alle manifestazioni o stesse solo circolando nei paraggi», dice la procura, ma la moglie, in attesa del secondo figlio, spiega che il marito «guardava la gente, faceva fotografie», non partecipava alle proteste. Quanto basta per poter riaccendere la rivolta, esplosa dopo la morte di Nahel per mano di un agente.
La premier Borne ha illustrato ieri in Senato la strategia del governo basata su quattro pilastri: la «mobilitazione della polizia», che è già stata massiccia, la «fermezza della risposta penale» con l'avvio dei primi processi, «il richiamo all'autorità genitoriale», con il Guadasigilli Eric Dupond-Moretti che annuncia volantini destinati ai genitori, per spiegare «in modo semplice», che «se i figli rubano o distruggono, saranno loro chiamati a risarcire». Ultimo pilastro: chiamare alla «responsabilità i social network» che hanno facilitato i raduni. In caso di disordini, alcune funzionalità dei social potrebbe essere sospese, ma niente stop. «Su certe piattaforme - ha spiegato il portavoce del governo Olivier Véran - c'è la geolocalizzazione che permette di ritrovarsi in un determinato luogo, mostrando scene di come appiccare il fuoco...Sono appelli all'organizzazione dell'odio nello spazio pubblico e abbiamo l'autorità per intervenire».
La priorità, tuttavia, resta l'ordine pubblico. Anche il commissario Ue alla Giustizia, Didier Reynders, si è detto preoccupato per «il livello molto elevato di violenza» in Francia ma anche «per il modo in cui le forze dell'ordine a volte usano la forza» e ha invocato una «riflessione». Nelle stesse ore, il ministro dell'Interno francese Gérald Darmin in Senato riferiva il bilancio di una settimana di rivolta: 38mila incendi, 2508 edifici danneggiati. Il 60% degli oltre 3600 fermati non ha precedenti penali, il più giovane ha 11 anni, il più anziano 59. Darmanin ha difeso le forze dell'ordine, nonostante 10 inchieste pendano sui due organismi di controllo di polizia e gendarmi e una sia stata aperta dall'esercito dopo l'infiltrazione di militari negli scontri a Lorient, in Bretagna: «Se la polizia deve riformarsi, deve anche evitare di essere un capro espiatorio».
Eppure sabato, «contro la discriminazione nelle banlieue» e per «una profonda riforma della polizia», 90 organizzazioni di sinistra, tra cui i partiti La France Insoumise e i Verdi, sflieranno in «cortei civici» in tutta la Francia per esprimere «lutto e collera».
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