Roma Quarta bomba a Roma. Il plico, questa volta, non è esploso per un soffio. Quando il destinatario, un avvocato del quartiere Boccea legato alle altre vittime, si è visto recapitare la solita busta commerciale A4 imbottita con mittente una donna, non ha avuto dubbi. E ha chiamato i carabinieri.
Identica matrice: stessa scrittura sulla busta, stesso giorno di spedizione, uguale ordigno di fabbricazione artigianale. Stessa zona colpita, Roma Nord. Un congegno rudimentale realizzato con polvere pirica e un innesco ottenuto con una pila a bottone, un circuito elettrico, il filamento di una lampadina a bulbo. Il tutto in una scatoletta di legno simile a quelle dei sigari.
Il ritardo di tre giorni nella consegna rispetto alle altre? Sarebbe causato dall'emergenza coronavirus che ha colpito anche il sistema di Poste italiane. Anarco insurrezionalisti dell'ultim'ora legati alla Fai, la Federazione Anarchico Informale, o un folle come temono gli inquirenti? Le indagini, coordinate dalla Procura di Roma e affidate a Digos e Ros, puntano soprattutto sulla pista antimilitaristica anche se le anomalie sono tante. Troppe. A cominciare dalla mancanza di una rivendicazione. La firma di ogni attentato andato o meno a segno, è ciò che distingue l'azione di un gruppo terroristico dal gesto di un pazzo isolato. E qui, nonostante le buste recapitate siano quattro, non c'è traccia. Poi gli obiettivi, troppo deboli se le finalità sono quelle di colpire al «cuore delle istituzioni».
Se la lettera bomba intercettata all'ufficio postale centrale Ostiense di via Marmorata, a dicembre, non aveva mittente ma un destinatario pubblico, il Viminale, nei plichi esplosivi di questi giorni gli indirizzi di consegna sono quelli di privati cittadini, funzionari, medici, ricercatori. Come Daniela Carmicelli, medico del reparto di Epidemiologia del policlinico di Tor Vergata, Rosa Quattrone, 54 anni, funzionario Inail, ed Elisabetta Meucci, 68 anni, medico in pensione ed ex insegnante di biochimica all'Università del Sacro Cuore, policlinico Gemelli.
Le prime tre vittime dell'Unabomber della Capitale
(anche se la città di provenienza sulla busta indicata è Bologna) non si conoscono fra di loro ma tutte conoscono le donne indicate sulle lettere come falso mittente. Una traccia su cui lavorare per arrivare al dinamitardo?
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