«Io ho ritenuto sulla base di quello che mi ha detto Davigo che quella fosse la strada... Nel momento in cui Davigo mi dice così, cosa avrei dovuto fare io? Fare un pacchetto via posta e trasmetterlo?». Si era difeso così, davanti alla Procura di Brescia, il pm milanese Paolo Storari, accusato di rivelazione di segreto d'ufficio per i verbali del «caso Eni» portati a Piercamillo Davigo, allora membro del Consiglio superiore della magistratura. Una consegna dalle modalità bizzarre, non ufficiali: Storari che va a casa di Davigo più volte, e l'ultima gli consegna una pendrive con la brutta copia dei verbali. Ma quella spiegazione di Storari ieri fa breccia nel giudice preliminare Federica Brugnara chiamato a giudicarlo. Storari viene assolto: «il fatto non costituisce reato». Il pm esce dall'aula emozionato, quasi commosso. «È la fine di un calvario», dice il suo avvocato Paolo Della Sala. Storari torna a Milano, nel suo ufficio in Procura: una Procura dove la sentenza di ieri non chiude affatto il caso. Anzi. Ed è un caso che vede tuttora sul banco degli imputati un nome ben più pesante di quello di Storari, il pm sgobbone e un po' nerd finito nei guai per questa storia. È il nome di Davigo, che per la stessa accusa verrà processato il 20 aprile. Per lui, la sentenza di ieri non suona - diversamente da ciò che a prima vista si direbbe - come una buona notizia.
Storari, per cui la Procura di Brescia aveva chiesto sei mesi di carcere, viene assolto con una formula che conferma il passaggio dei verbali, e anche che violazione del segreto vi sia stata (altrimenti il giudice avrebbe detto «il fatto non sussiste»): d'altronde a emettere la sentenza è lo stesso giudice che per lo stesso fatto ha già rinviato a giudizio Davigo. A venire esclusa è la responsabilità soggettiva di Storari. La spiegazione più verosimile è che a garantire a Storari la liceità del passaggio di carte fosse una fonte talmente autorevole - presidente di Cassazione, membro del Csm, fama di grande giurista - da non lasciare spazio a dubbi: Davigo. E per il «Dottor Sottile» del pool Mani Pulite questa rischia di diventare una aggravante di quel che combina dopo, quando dopo aver ricevuto i verbali li divulga dentro e fuori dal Csm.
Non è una buona notizia neanche per la Procura di Milano. Perché assolvendo Storari la giudice Brugnara prende atto che il pm ha agito quasi in stato di necessità, scandalizzato perché i suoi capi usavano le rivelazioni del «pentito» Piero Amara a corrente alterna: e la gestione del caso Eni era diventata il nuovo capitolo del file dove - dice Storari - «mi segnavo tutte le porcherie» del suo procuratore aggiunto Fabio De Pasquale.
Ora entrambi, Storari e De Pasquale, sono a rischio di trasferimento dal Csm. Cacciare Storari da Milano era già difficile, dopo che novanta pm si erano schierati in sua difesa. Dopo la sentenza di ieri diventa quasi impossibile.
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