Ambasciata ebraica: sventato l'attentato di un 28enne libico

L'uomo, presunto sostenitore dell'Isis, pianificava un attacco alla sede di Berlino. Arrestato

Ambasciata ebraica: sventato l'attentato di un 28enne libico
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Un'ora in metropolitana: è la distanza che separa l'ambasciata di Israele a Berlino da Bernau, comune di circa 45.000 abitanti a nord-est della capitale della Germania. Una cittadina tranquilla, la cui quiete è stata turbata il 19 ottobre dall'urlo delle sirene della polizia che ha fatto irruzione in una struttura per profughi dove ha arrestato Omar A. È un libico di 28 anni, sospettato di pianificare un attentato contro l'ambasciata israeliana a Berlino in nome dello Stato islamico. Dopo l'attacco con coltello che a Solingen del 23 agosto scorso con tre morti e otto feriti, rivendicato dalla stessa organizzazione terroristica, la Germania è di nuovo nel mirino dei jihadisti. Sono vite parallele quelle di A. e Issa al Hassan, il siriano che ha colpito nella città celebre per la fabbricazione di lame. Profughi giunti nel 2022 in Germania, entrambi avrebbero dovuto essere espulsi dopo il respingimento della domanda di asilo, ma sono riusciti a evitare il rimpatrio nelle more di una burocrazia elefantiaca e grazie a un multiculturalismo che sta rivelando le sue contraddizioni.

Né il libico né Al Hassan erano noti come pericolosi islamisti alle autorità tedesche, che in entrambi i casi hanno dimostrato i loro limiti nella prevenzione del terrorismo jihadista. Al Hassan è stato preso quando si è consegnato alla polizia, mentre A. è stato fermato su segnalazione di un servizio segreto straniero che ha fornito prove concrete dei suoi piani. Arrivato in Germania nel novembre del 2022, il libico aveva chiesto asilo nel gennaio del 2023, con la domanda respinta nel settembre successivo. Grazie alla mancata espulsione, il profugo ha vissuto indisturbato a Bernau fino alla cattura. Secondo la Procura generale federale che ha disposto l'arresto, il presunto terrorista è «seguace dell'ideologia» dello Stato islamico e, «al più tardi dall'ottobre 2024», progettava di attaccare «con armi da fuoco» l'ambasciata di Israele a Berlino. A tal fine, il libico era in contatto su una chat con un membro del gruppo jihadista. È il profilo dei terroristi islamici di nuova generazione reclutati, indottrinati e istruiti sul web, non più nei campi di addestramento in Siria o Iraq.

Molti sono giovani come Emrah Ibrahimovic, il 18enne austriaco di origine bosniaca che il 5 settembre tentò di fare irruzione nel consolato israeliano di Monaco di Baviera per compiere una strage e venne abbattuto dalla polizia. Ad aggravare la situazione il conflitto in Medio Oriente, che funge da acceleratore della radicalizzazione anche di lupi solitari. La prevenzione delle minacce è certamente difficile, data la vastità della galassia jiahdista. Tuttavia, le autorità tedesche affrontano un ulteriore ostacolo nei limiti normativi che costringono la loro azione.

«Abbiamo bisogno di più libertà operativa» mentre il terrorismo islamico «è tornato in Europa», hanno recentemente dichiarato i direttori dell'intelligence, Bruno Kahl e Thomas Haldenwang, a capo rispettivamente del servizio esterno (Bnd) e di quello interno (Bfv). Democrazia che si vuole capace di difendersi, la Germania ha le armi spuntate.

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